«Oggi, 450 anni dopo la morte di Martin Lutero, il
tempo che è passato permette di comprendere meglio
la persona e l'opera del riformatore tedesco e di
essere più equi con lui [...]. La
richiesta di riforma della Chiesa fatta da Lutero,
nel suo intento originario, era un appello alla
penitenza e al rinnovamento. Molti sono i motivi per
i quali da quell'inizio si è poi arrivati a questa
scissione. Tra questi vi sono la non
corrispondenza della Chiesa cattolica» (22
giugno 1996). «Bisogna riconoscere che anch'essa
(Santa Caterina da Siena) era figlia del suo
tempo allorchè, nel pur giusto zelo per la
difesa dei luoghi santi, faceva sua la mentalità
allora dominante, secondo cui tale compito poteva
esigere persino il ricorso alle armi»
(12 dicembre 1995). Questi e tanti altri
pronunciamenti di Giovanni Paolo II (1920-2005) denotano un
cambiamento di mentalità e di rotta nel governo
della Chiesa che pone seri dubbi circa la sua
legittimità. Giovanni Paolo II è realmente il
Pontefice, il dolce Cristo in Terra? |
La crisi nella Chiesa 2
È per me un'immensa gioia
essere qui in Francia su invito di don Philippe Guépin
(vedi foto a lato),
per la festa dell'Assunzione della Madonna. L'Assunzione è
la maggiore delle feste della Beata Vergine Maria, ed è in
Francia che questo splendido trionfo della Madonna viene
celebrato con grande solennità. Come sapete, il vostro re,
Luigi XIII (1601-1643), fece di questo giorno una
festa nazionale, e comandò di procedere ad una consacrazione
annuale della Francia alla Madonna. La pietà e la devozione
dei francesi per la Beata Vergine Maria sono assai
conosciute nel mondo intero. Ma la nostra gioia è diminuita
dalla tristezza che proviamo ogni giorno a causa della crisi
che attanaglia la Chiesa cattolica. Portiamo nel nostro
cuore questa tristezza da trentacinque anni, e spesso ci
chiediamo: «Domino usquequo»? Signore, fino a quando?
La nostra tristezza è ancora più profonda a causa
dell'incapacità dei fedeli cattolici di formare un fronte
unito e consistente contro il nemico. Quando osserviamo il
campo della resistenza cattolica, siamo addolorati a causa
della sua mancanza di unità e - fatto ancora più inquietante
- constatiamo che la maggior parte di coloro che resistono
non riconoscono il nemico come tale, ma piuttosto come se
fosse dotato dell'autorità stessa di Cristo. Così,
considerando i modernisti come la vera autorità di Cristo e
della Sua Chiesa, essi si sono posti sotto l'obbedienza dei
modernisti, come nel caso della Fraternità San Pietro, o
desiderano di essere in comunione con i modernisti, di
essere assoggettati e operare con loro, come nel caso della
Fraternità Sacerdotale San Pio X. Come Vescovo, sono
convinto che la mia missione consista nel fare conoscere ai
fedeli la vera risposta cattolica alla crisi attuale della
Chiesa. Inoltre, spero di poter ordinare al sacerdozio dei
giovani che siano stati formati solidamente nei principî
cattolici, e che non rispondano all'apostasia di Giovanni
Paolo II con uno spirito scismatico.
Oggi, affronterò con
voi due argomenti: primariamente l'apostasia di Giovanni
Paolo II e le sue conseguenze teologiche; secondariamente,
la vera risposta cattolica che bisogna dare a tale
apostasia.
L'apostasia di Giovanni
Paolo II
Bisogna innanzi tutto notare
che non ho scelto la parola «eresia», ma bensì la
parola «apostasia». Gli errori di Giovanni Paolo II
costituiscono veramente un'apostasia e non semplicemente
un'eresia. Quest'ultima consiste nel dubitare o negare una o
più verità di fede, come ad esempio la divinità di Gesù
Cristo, la Presenza Reale di Cristo nel Santissimo
Sacramento, l'Immacolata Concezione, ecc...
Sicuramente
conoscete gli eretici più famosi della Storia:
Ario
(280-336), Martin Lutero (1483-1546), Giovanni
Calvino (1509-1564), ecc... L'apostasia è il rifiuto
completo della fede cristiana. Ad esempio, nel IV secolo,
l'imperatore romano Giuliano (331-363) abiurò
completamente la fede, divenne un apostata e ristabilì il
culto degli dèi pagani. Egli è infatti più conosciuto con il
nome di Giuliano l'Apostata.
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Martin Lutero |
Giovanni
Calvino |
Giuliano l'Apostata |
Perché utilizzare una parola
così forte per Giovanni Paolo II, che asserisce di essere
cattolico, e che, di tanto in tanto, dice parole edificanti
e devote? Perché, in realtà, egli non aderisce a nessuno dei
dogmi ai quali pretende di credere. Non aderisce ai dogmi
perché per lui queste sacre
verità non escludono ciò che
gli è contrario. Per Giovanni Paolo II, ciò che
contraddice queste verità non è falso. Perché non pensa che
ciò che contraddice la verità sia falso? Innanzi tutto, e
soprattutto, perché Giovanni Paolo II è un ecumenista,
e non un cattolico. L'ecumenista è una persona convinta che
tutte le religioni contengano una parte di verità - talune
di più, altre di meno - e che, di conseguenza, tutte
possiedano un certo valore. Per l'ecumenista, tutte le
religioni sono delle vere religioni, alcune delle quali sono
migliori di altre. Il pizzico in più che egli concede alla
Chiesa cattolica è che essa possiede la pienezza della
verità, mentre le altre possiedono solamente una verità
parziale. Ma quando parla della Chiesa cattolica, parla
della Chiesa cattolica che io e voi conosciamo? No, egli si
riferisce a questo cattolicesimo riformato, a questa
nuova religione scaturita dal Concilio Vaticano II
(1962-1965), a questa copia infame della vera fede. Inoltre,
egli pensa che ci sia una differenza tra la Chiesa e la
Chiesa cattolica. Per lui, la Chiesa è tutta l'umanità,
come dice il Vaticano II nella Costituzione pastorale
Gaudium et Spes, poiché Cristo è in un certo modo unito
ad ogni uomo a causa dell'Incarnazione: «Poiché in lui
(in Cristo) la natura umana è stata assunta, senza per
questo venire annientata, per ciò stesso essa è stata anche
in noi innalzata ad una dignità sublime. Con l'incarnazione,
il Figlio di Dio si è unito in certo modo con ogni uomo»
3. Giovanni Paolo II lo ha ripetuto
anche nella sua prima Enciclica 4,
e ne ha fatto il tema centrale della sua dottrina.
Ascoltiamo altri testi di Giovanni Paolo II. Parlando a
proposito della giornata ecumenica pancristiana di Assisi,
tenutasi il 27 ottobre 1986, egli ha dichiarato: «Un
giorno come questo sembra esprimere, in modo visibile, l'unità
nascosta ma radicale stabilita dal Verbo tra gli uomini e le
donne di questo mondo [...]. Il fatto di essere
venuti insieme qui ad Assisi è come un segno dell'unità
profonda tra coloro che cercano dei valori spirituali nella
religione. Il Concilio ha creato un legame tra
l'identità e l'unità del genere umano»
5.
Perciò, ogni uomo, essendo unito a
Cristo per la sola virtù della Sua Incarnazione, è un membro
della Chiesa di Cristo. Quest'ultima non è nient'altro che
tutto il genere umano, senza eccezione. Nello stesso
discorso, egli continua su questo tema spiegando che
l'ordine divino delle cose è costituito dall'unità di tutti
gli uomini che cercano i valori religiosi. Le diversità di
fede e di morale che esistono tra le varie religioni sono
frutto degli uomini che hanno corrotto l'ordine divino.
Così, secondo Giovanni Paolo II, occorre far sparire le
differenze tra le religioni e di far prevalere l'ordine
divino, ovvero l'ordine panteistico. Citiamo un altro
brano del suo discorso: «Le differenze religiose
dipendono da un altro ordine. Se l'ordine dell'unità è
divino, le diversità religiose sono un fatto umano e
devono essere cancellate dalla realizzazione del grandioso
disegno di unità che presiede alla creazione. È possibile
che gli uomini non siano coscienti della loro unità
d'origine e della loro partecipazione allo stesso piano
divino. Ma a dispetto di tali divisioni, essi sono partecipi
del grande ed unico disegno di Dio in Gesù Cristo, il quale
si è unito in un certo modo ad ogni uomo, anche se non ne
è cosciente». Da queste parole, percepiamo
l'apostasia di Giovanni Paolo II: tutti gli uomini
appartengono ad un Cristo panteistico che è unito ad
ogni uomo - coscientemente o meno - in virtù
dell'Incarnazione. Ascoltiamo ancora Giovanni Paolo II:
«Tutti gli uomini sono chiamati a questa unità cattolica del
popolo di Dio; a questa verità, e in forme diverse,
appartengono i fedeli cattolici, le persone che guardano con
fede verso Cristo, e finalmente tutti gli uomini senza
eccezione». Queste parole di Giovanni Paolo II ci
forniscono la chiave dell'enigma di quest'uomo: da una
parte, egli professa le verità della fede cattolica, ma
dall'altra professa un completo rifiuto della fede compiendo
atti abominevoli contro il Primo Comandamento. Per Giovanni
Paolo II, il valore e l'utilità della fede cattolica e della
Chiesa cattolica sono solamente degli strumenti per unire
l'umanità, non per guidarla verso il vero
Salvatore, ma piuttosto verso questo Cristo panteistico che
abbraccia tutti gli uomini, malgrado le differenze
religiose. In breve, egli ha creato una Chiesa adogmatica
che cerca di riunire l'umanità sotto un Cristo adogmatico.
Siccome la Chiesa cattolica, trasformata dal Vaticano II, è
utile a questo fine, Giovanni Paolo II professa molte
dottrine cattoliche. Ma aderisce a queste dottrine con la
certezza e la fermezza della fede divina? Assolutamente no!
Nessuno, avendo veramente la fede cattolica, avrebbe potuto:
-
Baciare il Corano, la
«bibbia» di
Maometto;
- Affermare che tutti gli
uomini sono uniti a Cristo unicamente in virtù
dell'Incarnazione;
- Dire che tutti gli uomini
sono salvi;
- Permettere le abominazioni
ecumeniche;
- Approvare il sacrilegio del
Santissimo Sacramento autorizzando i non-cattolici a
riceverLo;
- Sostenere e insegnare una
nozione blasfema ed eretica di Chiesa, ossia che la Chiesa
di Cristo non è esattamente la Chiesa cattolica, ma che la
prima sussiste semplicemente nella seconda. Questa dottrina
ereticale venne insegnata dal Vaticano II in Lumen
Gentium 6, e il suo
significato eretico fu sostenuto da Giovanni Paolo II in
numerose occasioni;
- Dire che i musulmani e i
cattolici adorano lo stesso Dio;
- Approvare pubblicamente la
Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione
che contiene numerose eresie esplicite, e contraddice
fondamentalmente l'insegnamento solenne del Concilio di
Trento concernente la giustificazione.
Queste non sono che alcune
eresie di Giovanni Paolo II. Non dobbiamo mai dimenticare
che qualcuno può manifestare non solo la sua adesione
all'eresia mediante le parole, ma anche attraverso gli atti.
Così, i suoi molteplici atti ecumenici, che sono un affronto
all'unico e vero Dio, sono altrettante manifestazioni di
un'adesione interiore all'eresia. Tutti questi errori e
tutte queste eresie sono sostenuti e insegnati da Giovanni
Paolo II in nome dell'ecumenismo. Questo stesso ecumenismo è
un'apostasia.
L'ecumenismo è un'apostasia perché relativizza
tutti i dogmi della fede cattolica. Nel sistema ecumenico,
tutte le religioni hanno un certo valore. È per questa
ragione che Giovanni Paolo II ha spesso ripetuto l'eresia
enunciata dal Vaticano II: «Lo Spirito di Cristo infatti
non ricusa di servirsi di esse (delle chiese acattoliche
e delle religioni non-cristiane) come di strumenti di
salvezza» 7. Trattare i
dogmi dalla Chiesa cattolica in questo modo ha per
conseguenza la loro svalorizzazione.
L'ecumenismo
abbandona tutti i dogmi della Chiesa cattolica poiché non li
considera come verità di fede. Quest’ultima è l'adesione ad
un dogma fondato sull'autorità di Dio rivelato. Dunque, ciò
che crediamo per virtù della fede è assoluto e immutabile. I
martiri professarono la loro adesione a questi dogmi perenni
perdendo la loro vita, talvolta dopo avere subito atroci
torture. Perciò, la virtù di fede non può tollerare
l’ecumenismo, il quale è assolutamente contrario alle verità
di fede ed è una grave violazione del Primo Comandamento di
Dio: «Io sono il Signore tuo Dio: non avrai altro Dio
all'infuori di me».
|
Il 27
ottobre 1986, fu convocata, con grande scandalo per
le anime, da Giovanni Paolo II una Giornata
Mondiale di preghiera per la Pace, ad Assisi,
a cui presero parte i rappresentanti di tutte le
grandi religioni mondiali. Vi parteciparono
cinquanta rappresentanti delle «Chiese» cristiane
(oltre ai cattolici) e sessanta rappresentanti delle
altre religioni mondiali. |
Occorre ricordare che l'ecumenismo
sta edificando la grande religione ecumenica, un
grande tempio ecumenico in cui tutte le religioni potranno
coesistere, al di là del loro credo. È possibile che, fra
non molto tempo, nessuna di queste religioni sosterrà che i
proprî dogmi siano assolutamente veri ed esclusivi di altri
dogmi che gli sono contrari. Questo fatto spiega perché
Giovanni Paolo II parli solo occasionalmente della dottrina
cattolica, perché ciò implica un ritorno alle nostre
questioni interne, alla nostra esperienza religiosa, ai
nostri dogmi.
Ma per lui, questi dogmi vanno sostenuti e
insegnati nel contesto ecumenico, vale a dire privati di
ogni significato assoluto. Ciò può essere paragonato alla
cucina locale delle diverse province della Francia: ogni
provincia ha i proprî piatti, i proprî vini, i proprî
formaggi. Sono tutti buoni in sé stessi, e la cucina di una
provincia non esclude le specialità di un'altra provincia.
Giovanni Paolo II vede la religione in modo simile. Tutte le
religioni sono l'effetto del lavorio di Dio sull'anima,
tutte le religioni possiedono una certa verità. È dunque
missione della Chiesa cancellare le divisioni tra le diverse
religioni e condurre tutti gli uomini in una grande
religione mondiale, senza tuttavia eliminare la legittima
diversità di dogmi. Questa è l'apostasia.
Lo sappiamo non
per nostro giudizio, ma grazie all'insegnamento della Chiesa
cattolica.
Papa Pio XI (1857-1939), nella sua Lettera
Enciclica
Mortalium animos (del 6 gennaio 1928),
facendo riferimento ai Congressi ecumenici, dichiarò:
«Orbene, i cattolici non possono in nessuna maniera
appoggiare tentativi come questi, i quali suppongono essere
tutte le religioni più o meno buone e lodevoli, in quanto
che tutte o per una via o per l'altra manifestano e
attestano quel senso nativo e spontaneo in noi, che ci porta
verso Iddio e verso il riconoscimento devoto del Suo impero.
Teoria questa, che non è soltanto una falsità vera e
propria, ma che ripudia la vera religione falsandone il
concetto, e così spiana la via al naturalismo e all'ateismo.
Chi dunque tien mano a codesti tentativi e ha di queste
idee, con ciò stesso, per conseguenza manifesta, si
allontana dalla religione rivelata da Dio».
Conseguenze dell'apostasia
di Giovanni Paolo II
È una certezza che
l'apostasia, che è il peggiore dei peccati contro la fede,
ha delle terribili conseguenze nella Chiesa, la quale è
appunto un'istituzione fondata sulla fede. Il nostro
biglietto per entrare nella Chiesa cattolica è la
professione della vera fede. Al momento del battesimo, prima
ancora di entrare nella Chiesa, il sacerdote chiede al
battezzando: «Che cosa chiedi alla Chiesa di Dio»? La
risposta è: «La fede». Senza questa professione di
fede, il sacerdote non può acconsentire ad ammetterci nella
Chiesa. Dunque, la perdita della fede, o per eresia, o per
apostasia, ha la conseguenza immediata e automatica di
separarci dalla Chiesa cattolica. Tuttavia, affinché ciò
possa aver luogo, la nostra eresia o la nostra apostasia
devono essere pervicaci. La nostra eresia e la nostra
apostasia sono pervicaci se siamo volontariamente, e con
conoscenza di causa, contrari all'insegnamento della Chiesa
cattolica. L'unico fattore che può scusare l'eretico che
persiste nel suo errore è l'ignoranza del fatto che la
dottrina che professa è contraria all'insegnamento della
Chiesa cattolica. Possiamo scusare Giovanni Paolo II
affermando che pecca per ignoranza? Certamente no. Sarebbe
assurdo pensare che un uomo che è cresciuto nella fede
preconciliare possa ignorare l'insegnamento della Chiesa
cattolica. Se si può concepire una simile ignoranza in un
semplice fedele, è impossibile immaginarla in un professore
di seminario, titolare di un dottorato in Teologia
conseguito all'Angelicus. Se l'ignoranza fosse
possibile in un uomo come Giovanni Paolo II, chi potrebbe
dunque essere colpevole di eresia o di apostasia? Siamo
certi della pervicacia di Giovanni Paolo II quando
analizziamo il suo pontificato che dura ormai da più di
vent'anni: la distruzione della fede regna sovrana in tutti
gli ambiti della Chiesa.
Se egli non fosse pervicace,
sarebbe almeno inorridito da questa perdita di fede e
prenderebbe le misure necessarie per fermarla. Le uniche
misure che ha preso, tuttavia, sono contro la preservazione
della fede tradizionale; in questo, egli ha agito con un
vigore e con una severità tutta particolare.
Separazione dalla Chiesa cattolica
Così, la prima conseguenza
dell'apostasia di Giovanni Paolo II è la sua separazione
della Chiesa cattolica. La conclusione certa che consegue
direttamente dalla natura della fede e della Chiesa
cattolica, è che Giovanni Paolo II non è, e non
può essere, un vero Sommo Pontefice. Va da sé che
non si può essere a capo di una comunità di cui non si è
membri. Il problema che si affaccia è che la sua separazione
dalla Chiesa cattolica, e così anche il suo non-papato, non
è stata legalmente dichiarata.
Se un Concilio generale o un
conclave dichiarassero la sua apostasia e le sue
conseguenze, la crisi della Chiesa cesserebbe
immediatamente. La confusione sarebbe finita. Egli si
troverebbe nella stessa posizione di Martin Lutero. Ma il
dramma di questo problema è che questa dichiarazione legale
non è mai avvenuta, e che perciò egli possiede ancora le
apparenze di un vero Papa, pur aderendo e promulgando una
falsa religione.
Non c'è niente che non sia più naturale per
il papato della vera fede; e non c'è niente di più contrario
al papato della professione e la promulgazione di una falsa
religione. L'autorità del papato fu concessa da Gesù Cristo
alla Chiesa per confermarci nella verità rivelata. Così, non
c'è perversione più grande di questa falsa autorità che ci
conferma nell'apostasia.
La promulgazione dell'apostasia
come regola
- Nella fede e nella
disciplina
La seconda conseguenza
dell'apostasia di Giovanni Paolo II è ancora più importante
della prima. Dobbiamo sottolineare che Giovanni Paolo II non
è semplicemente caduto nel peccato personale di eresia e di
apostasia, ma - cosa infinitamente più perniciosa - promulga
questa apostasia come regola di fede e di disciplina della
Chiesa cattolica romana. In una parola, Giovanni Paolo II
chiede a tutti i cattolici di diventare degli apostati
ecumenici come lui.
Si tratta di un fatto più importante,
perché il tentativo di alterare la fede e la disciplina
della Chiesa cattolica colpisce l'indefettibilità della
Chiesa e la sua costante assistenza assicurata da Cristo
fino alla fine dei tempi: «Ecco, io sono con voi tutti i
giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28, 20).
Così, Paolo VI (1897-1978) e Giovanni Paolo II hanno
promulgato le false dottrine del Vaticano II, la falsa
liturgia e le false discipline che ne derivano. Possiamo
dire che queste false dottrine, questa falsa liturgia e
queste false discipline ci sono state date per mezzo
dell'autorità di Cristo?
Possiamo ammettere che la Chiesa
cattolica abbia autorizzato la promulgazione universale e
l'adozione di tali errori? Assolutamente no! Se
attribuissimo tutte queste defezioni alla Chiesa cattolica
e, di conseguenza, all'autorità
di Cristo, come potremmo dire che la Chiesa è indefettibile?
Come possiamo affermare che essa è assistita da Cristo? La
nostra santa fede ci obbliga a rifiutare simili bestemmie
contro Cristo e la Sua Chiesa.
Perciò, siamo obbligati a
concludere che, in un modo o nell'altro, le persone che
hanno promulgato questi errori non hanno l'autorità
di Cristo e della Chiesa. La conclusione è certa: la
fede che abbiamo nell'assistenza divina alla Chiesa ci
induce a dire che è impossibile che Paolo VI, Giovanni
Paolo I (1912-1978) e Giovanni Paolo II siano stati dei
veri Papi cattolici. Riassumendo, la vera risposta
cattolica, la risposta cattolica all'apostasia di Giovanni
Paolo II è chiara: egli non può essere il vero Papa.
|
|
Paolo VI |
Giovanni
Paolo I |
Ciò è
evidente per due fatti e grazie a due argomenti distinti:
- a causa della perdita
personale e pubblica della vera fede che lo pone fuori dalla
Chiesa;
- per la promulgazione di
false dottrine, di una falsa liturgia e di false discipline,
il che prova che non gode dell'assistenza di Cristo che è
stata promessa alla vera autorità nella Chiesa.
La risposta non cattolica
- La risposta della
Fraternità San Pietro e dell'Indulto
La Fraternità San Pietro e
coloro che seguono l'Indulto riconoscono la gerarchia del
Novus Ordo come se fosse la vera Gerarchia cattolica, e
accettano il Vaticano II e tutte le riforme ufficiali che ne
sono conseguite. I modernisti hanno loro concesso
(l'Indulto) il diritto di conservare la Messa di Giovanni
XXIII (1881-1963), e di dirigere un seminario e un
Istituto secondo le regole preconciliari.
La loro soluzione,
dunque, è quella di aderire alla Tradizione sotto gli
auspici e sottomessi all'obbedienza della gerarchia del
Novus Ordo. In fin dei conti, la loro adesione alla
Tradizione non è vista come una difesa della fede contro i
modernisti, ma piuttosto come una preferenza, qualche cosa
che assomiglierebbe all'High Church («Chiesa Alta»)
della chiesa anglicana. Secondo ciò che abbiamo detto più
sopra, sappiamo che questa non è assolutamente una
soluzione.
Poiché essi hanno riconosciuto che il Novus
Ordo è cattolico, hanno ridotto la loro adesione alla
Tradizione ad una semplice nostalgia. Sono diventati
l'High Church in seno al religione ecumenica di
Giovanni Paolo II, una religione che ammette anche il
vudù, il culto di Shiva, di Buddha, e la lode di un
eresiarca come Lutero. Ma una cosa dev'essere detta in
favore di quelli che seguono la Fraternità San Pietro: essi
almeno sono logici e coerenti nel loro pensiero, dato che
comprendono che si non può, allo stesso tempo, riconoscere
Giovanni Paolo II come Papa e ignorare la sua dottrina e la
sua autorità disciplinare.
Ma è assolutamente deplorevole
che queste persone si permettano di essere così cieche al
punto di essere in comunione, ovvero di essere
«correligionari» dei modernisti, a proposito dei quali
San Pio X (1835-1914) dichiarò che dovevano essere
colpiti con pugno di ferro.
- La risposta della
Fraternità Sacerdotale San Pio X
La risposta di questo gruppo
importante e influente consiste nell'opporre all'apostasia
di Giovanni Paolo II uno spirito scismatico. La
soluzione lefebvrista, enunciata in modo semplice, è la
seguente: riconoscere l'autorità di Giovanni Paolo II, ma
non seguirlo nei suoi errori. Mons. Marcel
Lefebvre (1905-1991) insisteva affinché la Fraternità
Sacerdotale San Pio X riconoscesse Giovanni Paolo II come
Papa, e allontanò da detta Fraternità tutti coloro che
sostenevano pubblicamente il contrario.
Egli ha sempre
negoziato con i modernisti come se fossero dotati
dell'autorità, cercando la loro approvazione per la sua
Fraternità Sacerdotale. Per Mons. Lefebvre, la soluzione
alla crisi modernista risiedeva nella creazione di un
movimento tradizionale popolare che avrebbe, in ogni diocesi
del mondo, richiesto dei sacerdoti tradizionali e rigettato
quelli modernisti.
Egli riteneva che la soluzione sedevacantista avrebbe distrutto questo movimento popolare
perché pensava che dichiarare che Giovanni Paolo II non è il
Papa fosse un'affermazione troppo forte per il cattolico
medio. All'evidente problema dell'obbedienza che pone la sua
soluzione, Mons. Lefebvre replicava che nessuna autorità,
inclusa quella del Papa, aveva il diritto di comandare al
cattolico di fare qualcosa di cattivo. Il Novus Ordo
è nel torto. Perciò, il Papa non può obbligare i fedeli ad
accettare tale Novus Ordo. Questo ragionamento
conduce alla necessità di opzione tra il Novus Ordo e
il cattolicesimo.
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Giovanni XXIII |
Papa San Pio X |
Mons. Lefebvre |
Come un cercatore d'oro che vaglia il
fondo dei fiumi per trovare le pepite d'oro, così il
cattolico deve esaminare il «magistero» e i decreti di Paolo VI e di Giovanni Paolo II per trovare le verità della fede.
Tutto ciò che è tradizionale viene accettato, mentre tutto
ciò che è modernista viene rigettato. Siccome Mons. Lefebvre
era il personaggio più importante tra quelli che aderivano
alla Tradizione, la sua parola divenne la norma immediata di
fede e di «obbedienza» per centinaia di sacerdoti e per
decine di migliaia di fedeli.
Essendo però la supposta
autorità di Giovanni Paolo II insufficiente per convincere
gli spiriti e le volontà dei cattolici fedeli alla
Tradizione, essa doveva ricevere l'approvazione di Mons.
Lefebvre. Questo ruolo di «cernitore», acquisito
dalla Fraternità San Pio X, venne gelosamente custodito, e
chiunque al suo interno avesse osato ignorarlo sarebbe stato
considerato come un sovversivo e, da ultimo, espulso. La
Fraternità San Pio X utilizza spesso l'analogia di un padre
di famiglia che dice ai suoi figli di fare qualcosa di
cattivo. In un tale caso, i figli dovrebbero disubbidire al
padre per ubbidire alla Legge superiore di Dio. Ma, allo
stesso tempo, il padre resterebbe sempre il padre.
Allo
stesso modo, secondo loro, il Papa è nostro padre, e questo
padre ci chiede di fare qualcosa di cattivo, ovvero di
accettare il Vaticano II e le sue riforme. Dobbiamo
disubbidire - dice la Fraternità San Pio X - poiché ciò è
contrario alla Legge divina. Tuttavia, Giovanni Paolo II
resta
Papa. Purtroppo, in questo caso, tale analogia non può
essere applicata. Innanzi tutto, un padre non può essere
sostituito perché ciò deriva dalla generazione fisica. Ma un
padre spirituale può essere sostituito perché ciò deriva
dalla generazione spirituale. Di fatto, un Papa può
dimettersi e non essere più il padre spirituale dei
cattolici. Ma, nel caso che ci riguarda, questo argomento è
inaccettabile per una ragione di ordine superiore. Se un
Papa impartisse un ordine particolare, di per sé cattivo, ad
una persona particolare (ad esempio, profanare un
crocifisso) l'argomento si potrebbe applicare. Difatti, in
tal caso, il Papa non impegnerebbe tutta la pratica della
Chiesa, e dunque non implicherebbe l'indefettibilità della
Chiesa. Ma se promulgasse una legge generale secondo la
quale tutti i cattolici devono profanare i crocifissi,
allora l'indefettibilità della Chiesa sarebbe coinvolta.
Come potrebbe la Chiesa di Cristo promulgare una legge del
genere? Non condurrebbe forse tutte le anime all'inferno? Il
fatto che Giovanni Paolo II abbia emanato delle leggi
generali che prescrivono e persino permettono delle cose
cattive costituisce una violazione dell'indefettibilità
della Chiesa. Dunque, l'argomento proposto dalla Fraternità
San Pio X non può essere applicato alla crisi attuale della
Chiesa. Se Giovanni Paolo II è il Papa, dobbiamo ubbidirgli.
Anche il fatto stesso di ammettere la possibilità che il
Papa possa promulgare delle false dottrine e decretare delle
discipline universali che sono cattive è in sé un'eresia
contro l'insegnamento secondo cui la Chiesa cattolica è
infallibile in queste materie. È assolutamente inconcepibile
che seguendo gli insegnamenti universali della Chiesa o le
sue discipline universali, possiate imboccare una falsa
strada e possiate andare all'inferno.
Se ciò fosse
possibile, bisognerebbe concludere che la Chiesa cattolica
non è la vera Chiesa, ma un'istituzione umana, come una
delle altre false chiese. Inoltre, scegliere tra
l'insegnamento della Chiesa ciò che più ci aggrada significa
porsi al di sopra del Papa stesso, poiché la nostra
adesione a questi insegnamenti non sarebbe fondata
sull'autorità della Chiesa, ma piuttosto sulla nostra scelta
esercitata verso i suoi insegnamenti. Uno dei Superiori di
Distretto della Fraternità San Pio X scrisse in una lettera
che criticava le riforme di Vaticano II: «Ecco perché
insistiamo sul fatto che bisogna riconoscere il Papa e la
Gerarchia malgrado il fatto che non ci sentiamo in nessun
caso in comunione con loro». Questa frase è molto
rappresentativa della loro posizione, una posizione che
combina due elementi che sono intrinsecamente incompatibili,
ossia riconoscere Giovanni Paolo II come Papa, ma non essere
in comunione con lui.
È più che evidente che la loro
posizione implica delle inestricabili contraddizioni dal
punto di vista dell'ecclesiologia cattolica. Innanzi tutto,
essi considerano il Vaticano II e le sue riforme come se
fossero al tempo stesso cattolici e non cattolici, ed è la
ragione per cui scelgono nell'insegnamento e nelle
discipline del Novus Ordo per recuperare dalla massa
corrotta tutto ciò che potrebbe essere cattolico. Essi
considerano la gerarchia del Novus Ordo come una
gerarchia cattolica, dotata dell'autorità di Gesù Cristo per
insegnare, governare e santificare i fedeli. Ma allo stesso
tempo, sono stati scomunicati da questa stessa autorità
poiché agiscono come se essa non esistesse,
spingendosi così lontano fino a consacrare dei Vescovi,
sfidando un ordine pontificio diretto.
La posizione lefebvrista è una posizione completamente inconsistente, e
soprattutto fà a pezzi l'indefettibilità della Chiesa
cattolica, perché i lefebvristi identificano la Chiesa
cattolica con la defezione dottrinale e disciplinare del
Vaticano II e delle sue riforme. La nostra posizione è la
seguente: il Concilio Vaticano II e le sue riforme non sono
cattoliche, perciò coloro che li hanno promulgati non
possono essere detentori dell'autorità cattolica. Se
avessero la vera autorità cattolica, avrebbero goduto
dell'assistenza di Cristo e sarebbero stati incapaci di
promulgare una dottrina e una disciplina deficienti in nome
della Chiesa cattolica. I lefebvristi, inoltre, sono in una
posizione insostenibile per resistere all'autorità della
Chiesa cattolica in materia di dottrina, di disciplina e di
culto. Questi tre campi sono l'effetto di tre funzioni
essenziali della Gerarchia cattolica: la funzione di
insegnamento, la funzione di governo e la funzione di
santificazione. Queste funzioni sono i fondamenti della
triplice unità della Chiesa cattolica: l'unità di fede,
l'unità di governo e l'unità di comunione. Resistere alla
Chiesa cattolica su queste materie è un suicidio
spirituale poiché l'adesione alla Chiesa cattolica è
necessaria per conseguire la salvezza. Se dunque è lecito
resistere alla Chiesa in materia di dottrina, di disciplina
e di culto, la Chiesa di che cosa è arbitro? Dov'è
l'autorità di San Pietro se può essere ignorata in queste
materie? Per riassumere, la Fraternità San Pio X riconosce
l'autorità di Giovanni Paolo II, ma allo stesso tempo
rigetta le prerogative di tale autorità. Su questo ultimo
punto, essi sono purtroppo legati ai gallicani, ai
giansenisti e ai diversi riti pseudo-ortodossi che fecero
esattamente la stessa cosa, ovvero filtrarono le dottrine e
i Decreti dei Sommi Pontefici secondo le loro preferenze.
Secondo queste sètte, il Magistero non poteva obbligare a
meno che fosse in accordo con la Tradizione. Gli
insegnamenti e i Decreti dei Sommi Pontefici furono riveduti
da queste sètte, le quali effettuarono una cernita tra gli
atti dei Papi. I giansenisti dissero in particolare che per
determinare se una dottrina fosse tradizionale o meno,
bisognava condurre un studio
storico. È esattamente ciò che fà la Fraternità San Pio X:
gli atti del
Magistero devono essere rifiutati se - storicamente - i
cattolici non hanno
creduto a tali cose. Ma chi è l'arbitro della Tradizione?
Non è forse il
Magistero? Non è forse il Papa che è investito dell'autorità
di Cristo?
Certamente sì! In realtà, la dottrina giansenista della
«cernita» non è che
un misero mascheramento del libero esame protestante. La
sola differenza
tra i protestanti e i giansenisti è che i primi applicavano
il loro libero esame alla Sacra Scrittura, mentre i secondi
l'applicavano alla
Tradizione. La
posizione della Fraternità Sacerdotale San Pio X concernente
il Magistero e
la Tradizione non differisce in nulla da quella dei
giansenisti. Mentre i
protestanti sostengono il libero esame della Sacra
Scrittura, la Fraternità
San Pio X sostiene il libero esame del Denziger. Perciò,
essi hanno risposto
all'apostasia di Giovanni Paolo II non con
una risposta propriamente cattolica, ma
piuttosto con la risposta del libero esame
delle dottrine, dei decreti e delle discipline
universali emanati da ciò che essi pensano
sia la Chiesa. Purtroppo, il libero esame è
assolutamente contrario allo spirito del
cattolicesimo! «Chi ascolta voi ascolta me, chi
disprezza voi disprezza me» (Lc 10, 16), ha detto
Nostro Signore. «A te darò le chiavi del regno
dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà
legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra
sarà sciolto nei cieli» (Mt 16, 19), ha detto il
Signore a San Pietro.
L'autorità di Dio
affidata a San Pietro da Nostro Signore Gesù
Cristo è ciò che fà che la Chiesa cattolica sia
ciò che è. L'atteggiamento della Fraternità San Pio X riduce
la missione
apostolica della Chiesa, assegnata a San Pietro, a qualcosa
che è poco più
di un accidente. Ma è proprio questa stessa autorità, il suo
possesso e la
sua trasmissione legittima che fanno sì che la
Chiesa
cattolica sia cattolica.
Essa è la forma, lo spirito della Chiesa cattolica, ossia
che fà sì che essa sia
ciò che è. Niente può essere più sostanziale per la Chiesa
cattolica della
sua autorità. Inoltre, bisogna precisare che esercitare un
potere d'ordine
senza l'approvazione della Gerarchia cattolica è un peccato
mortale molto
grave, e diventa un atto scismatico se è fatto in modo
permanente e sistematico. Noi giustifichiamo il nostro
apostolato con il principio dell'épichéia. Per questo principio, presumiamo
che l'autorità della Chiesa,
un vero Papa, se fosse presente, desidererebbe che
celebriamo la Messa e
distribuiamo i Sacramenti. Sappiamo che la nostra
supposizione è
ragionevole, perché diversamente i fedeli non avrebbero più
né la vera
Messa, né i Sacramenti. Il principio dell'épichéia può
essere applicato
solamente quando il legislatore è assente. Utilizzare questo
principio
contro un Papa regnante che possiede la giurisdizione sui
Sacramenti,
avrebbe come conseguenza una vera carneficina per tutta la
Chiesa
cattolica, e questo significherebbe affondare nel
protestantesimo, nel quale
ogni ministro ottiene direttamente il suo potere da Dio. Che
senso ha
una Gerarchia e una giurisdizione se ognuno può decidere se
ha il diritto
di esercitare i suoi ordini supponendo che
la Chiesa glieli fornisca direttamente? In tal
caso, la Gerarchia sarebbe puramente
accidentale, e ogni sacerdote, come un
semplice pastore protestante, potrebbe
condurre il proprio apostolato. Lo spirito
scismatico della Fraternità Sacerdotale San
Pio X è un'evidenza anche per il fatto che
essi celebrano la Messa una cum («in
comunione») con Giovanni Paolo II.
Dunque, o Giovanni Paolo II è Papa, o non
lo è. Se lo è, la loro Messa è scismatica
perché viene celebrata pubblicamente e
contro la sua autorità.
È un altare contro
un altro altare, perché la loro Messa non è
autorizzata dal Sommo Pontefice. Ma se
egli non è il Papa, allora la loro Messa una cum è comunque
scismatica
poiché viene celebrata fuori dalla Chiesa e in unione con un
falso papa.
In altre parole, o l'altare del sacerdote tradizionale è il
vero altare di Dio,
o l'altare di Giovanni Paolo II è il vero altare di Dio.
Perché un sacerdote
tradizionale possa andare all'altare e condurre un
apostolato contro
l'apostolato del Novus Ordo - che è quello di Giovanni Paolo
II - è evidente
che i due altari non possono essere al tempo stesso dei
legittimi altari
cattolici, e che i due apostolati non possono essere al
tempo stesso due
veri apostolati cattolici.
Cristo non può autorizzare al
contempo l'altare
del Novus Ordo e l'altare tradizionale. Uno è legittimo,
l'altro è illegittimo.
Se diciamo che il nostro altare è legittimo, siamo
logicamente tenuti a
dire che l'altare del Novus Ordo - così come il suo
sacerdozio e il suo apostolato - sono illegittimi. Ma se il
sacerdote si unisce all'altare, al
sacerdozio e all'apostolato di Giovanni Paolo II e del Novus
Ordo, rende il
proprio altare, il proprio sacerdozio e il proprio
apostolato illegittimo e
perciò scismatico.
Se i membri della Fraternità San Pio X
sono caduti in
questi errori, è anche perché mancano di una buona
formazione. I
seminaristi si presentano alla Fraternità San Pio X e non
conoscono
nient'altro. Si impregnano di questi errori durante i loro
anni in seminario.
Sono sicuro e certo che se fossero stati formati
correttamente, non
aderirebbero a questi errori. Metto in luce i loro errori,
così gravi, non
per attaccarli personalmente o per mettere in dubbio la loro
buona fede,
ma per rispetto della verità. Sono persuaso del fatto che
amino la Chiesa
tanto quanto me, e spero con sincerità che accettino queste
critiche con lo
stesso spirito di carità con cui le ho formulate.
Conclusione
Come Vescovo, sono profondamente rattristato dalla cattiva
influenza
esercitata dalla Fraternità San Pio X. Invece di elaborare
una risposta
cattolica all'apostasia di Giovanni Paolo II, essa ha
disseminato i germi
dello spirito scismatico nello spirito di molte, troppe
anime. I giovani
cresciuti nella Fraternità San Pio X avranno un'idea
assolutamente falsata
di ciò che è realmente l'autorità cattolica,
ossia l'autorità del Sommo Pontefice.
Probabilmente non conosceranno mai la
santa e profonda riverenza che i cattolici
devono sempre nutrire per la più augusta
autorità confidata ad un uomo. È la nostra
fede cattolica in questa autorità che ci
induce a dire che gli autori del Novus Ordo non possono possederla. Come sarebbe
formidabile se i cattolici potessero formare
un fronte unito contro i modernisti! Se
potessimo dire con una sola voce che la
defezione del Vaticano II non viene dall'autorità di Cristo!
Sarebbe una
potente professione di fede tra i cattolici. Al contrario,
la maggioranza
dei cattolici ha agito come l'High Church anglicana (la
Fraternità San
Pietro), o come gli scismatici gallicani o giansenisti (la
Fraternità San Pio
X). Chissà come se la ridono i nemici della Chiesa di fronte
a questo desolante spettacolo, per il fatto che dopo duemila anni
di professione di
fede, e dopo così tanti gloriosi martiri, sia tutto lì ciò
che i cattolici sono
capaci di opporre al peggior nemico della Chiesa cattolica.
Vi prego di
non restare indifferenti a questi problemi. La necessità di
una risposta
cattolica è molto importante. È molto importante che
evitiamo di sostituire
l'apostasia di Giovanni Paolo II con lo spirito scismatico,
con il libero
esame e con il disprezzo dell'autorità pontificia, che è la
posizione evidente
della Fraternità San Pio X. Vi invito anche a pregare per i
membri di
questa Fraternità che, come ho detto già, sono persone di
buona volontà
e desiderano essere dei buoni cattolici. Essi sono
paralizzati dalla paura
di dire la verità su Giovanni Paolo II, perché pensano che
ciò svuoterebbe
le loro chiese.
Tutti sanno molto bene che numerosi
sacerdoti della
Fraternità San Pio X hanno, in privato, la nostra posizione.
Ma hanno
paura di ciò che può succedergli se partono. Tuttavia,
dobbiamo
incoraggiarli a lasciare questa Fraternità, e dobbiamo
dirgli che la loro
posizione non è conforme alla fede cattolica. La nostra
esperienza, in
America, ci mostra che i fedeli aiutano con entusiasmo i
sacerdoti che
hanno preso pubblicamente posizione contro il falso
pontificato di
Giovanni Paolo II. Quando sentono queste spiegazioni, come
quella che
vi ho appena dato, vedono che sono in conformità con i
principî cattolici,
e abbracciano con tutto il cuore la nostra posizione.
Ma se anche non lo facessero, se anche i sacerdoti fossero
ridotti a
mendicare il loro pane, ogni prete deve sapere che deve
amare la verità
cattolica più di sé stesso. Abbiamo davanti a noi il
meraviglioso esempio
di don Guépin che, nel 1980, ha sostenuto i principî che vi
ho esposto, e
che è stato, perciò, brutalmente espulso dalla Fraternità
San Pio X. Sebbene
egli avesse consacrato la sua vita al sacerdozio, fu
sommariamente buttato
sulla strada. Ma non fu spaventato da questa croce, e la
portò
generosamente, sapendo - grazie alla sua forte fede e al suo
ardente amore
per Dio - che sarebbe meglio morire piuttosto che
compromettere la fede
cattolica.
Possano gli altri sacerdoti della Fraternità San
Pio X prendere
esempio dal coraggio di don Guépin, e comprendere che Dio
benedice
l'apostolato dei sacerdoti che amano la Sua verità più delle
loro comodità.
Ricordiamoci anche, nelle nostre preghiere, dell'anima di
Mons. Lefebvre
che, malgrado l'inconsistenza delle sue posizioni, fece
tuttavia molto per
la preservazione della Santa Messa. Infine, non
dimentichiamo di pregare
la Madonna che da sola ha schiacciato tutte le eresie, come
dice la santa
liturgia, e San Giuseppe, Patrono della Chiesa universale.