PARTE
SECONDA
I PRECETTI DEL TALMUD RIGUARDANTI I CRISTIANI
Da ciò che abbiamo detto fin
qui appare chiaro che, secondo il Talmud, i cristiani
sono idolatri e dannosissimi per gli ebrei. Perciò,
qualsiasi israelita che voglia essere timorato di Dio, deve
necessariamente osservare tutti i precetti che gli sono
stati dati dai padri viventi in Terra Santa circa il modo di
comportarsi con le genti idolatre indigene e confinanti. Gli
ebrei sono quindi tenuti:
CAPITOLO I
BISOGNA EVITARE I CRISTIANI
L'ebreo è tenuto ad evitare
ogni contatto con i cristiani per quattro motivi:
I cristiani devono essere evitati perché non sono degni
della familiarità degli ebrei
Secondo l'insegnamento del
Talmud, l'ebreo, per il fatto stesso di essere
circonciso e discendente da gente eletta, è fornito di tale
dignità che nessuno, nemmeno un angelo, lo può eguagliare
94. Anzi, egli si considera simile a
Dio. «Chi schiaffeggia un israelita - dice Rabbi
Cianina - dev'essere considerato come se avesse
schiaffeggiato la Maestà Divina» 95.
L'ebreo è sempre buono, nonostante i suoi peccati, i quali
tuttavia non possono contaminarlo, allo stesso modo di come
il fango non contamina il nucleo della noce, ma soltanto il
suo mallo 96.
Solo l'israelita
è un uomo e tutto l'Universo è suo. Tutto deve servirlo,
specialmente gli animali che hanno forma umana
97. Stando così le cose, è chiaro
che ogni forma di contatto con i cristiani insudicia gli
ebrei e avvilisce grandemente la loro dignità. Essi devono
quindi tenersi, in ogni modo, lontano da tutti i costumi e
dagli atti dei cristiani 98.
Quindi:
- L'ebreo non può
congratularsi con il cristiano
Dice il Ghittin, 62 a.:
«L'uomo (l'ebreo; N.d.A.) non entrerà nella casa
del cristiano ("nocri") in un giorno di solennità per
congratularsi con lui. Se si incontrerà con il cristiano in
una piazza potrà salutarlo, ma con il volto serio e a testa
bassa».
- L'ebreo non può
rispondere al saluto del cristiano
Insegna lo Iore dea,
148, 10.: «Il giudeo non risponda mai con un inchino al
saluto dell'idolatra; sarà quindi buona norma salutare per
primo per non essere obbligato a rispondere al cristiano se
questi abbia salutato per primo» 99.
Le stesse cose sono dette nel Ghettin 62 a., dove,
dopo le parole «non bisogna rispondere al saluto del
cristiano», si dice che Rabbi Coana abbia
salutato un cristiano dicendogli: «Sceloma lemar», e
cioè «pace al Signore», e che con queste parole egli abbia
inteso salutare il suo Rabbi come è spiegato nel
Tosefot: «Poiché il suo cuore era rivolto al suo
Rabbi».
- L'ebreo non può
adire nei giudizi dei cristiani
Insegna lo Sioscem ammispat
26. 1.: «Non è lecito istituire una causa davanti ai
giudici cristiani, nelle loro aule e nei loro tribunali,
anche in quelli nei quali si giudica secondo il costume
israelita. È ugualmente proibito anche se le parti in causa
abbiano convenuto di dirimere la questione davanti a
costoro. Chiunque si comporta diversamente è empio e simile
a colui che calunnia, che bestemmia e che leva la mano
contro la Legge dataci da Mosè, nostro dottore; che Dio
l’abbia in pace». Conferma l'Agà («Meditazione»):
«Il betdin 100 ha la
facoltà di scomunicare il contendente fino a quando il
gentile non sarà più in contatto con il suo prossimo»
(il giudeo; N.d.A.).
|
Proprio nello stesso periodo in cui
Giovanni XXIII
(1881-1963), con un gesto audace e più che
discutibile, decise per
fini ecumenici di eliminare dalla veneranda liturgia
del Venerdì Santo la preghiera per la conversione
degli ebrei al cristianesimo («Preghiamo anche
per i perfidi giudei, affinché Dio nostro Signore
tolga il velo dai loro cuori e riconoscano anche
essi Gesù Cristo, nostro Signore»), la maggior
parte dei rabbini residenti in Israele reintrodusse
nelle preghiere che ogni pio ebreo
deve recitare ogni mattino l'augurio secondo cui
«possano gli apostati (gli ebrei convertiti al
cristianesimo; N.d.R.) perdere ogni speranza e
tutti i cristiani morire sul colpo» (cfr. I.
Shahak,
Storia ebraica e giudaismo, Centro Librario
Sodalitium, Verrua Savoia 1997, pagg. 186-187). A
destra,
Rabbi
Menachem Mendel
Schneerson,
leader
del movimento chassidico dei
Lubavitch. |
- Il cristiano non può
essere ascoltato come testimone
Dice lo Scioscem ammispat,
34, 19.: «Il cristiano ("goi") e il servo non sono in
grado di dare testimonianza».
- Non è lecito all'ebreo
mangiare i cibi del cristiano
Insegna lo Iore dea,
112,1.: «I sapienti vietarono di mangiare il pane del
cristiano in modo da non sembrare troppo familiare con lui.
È vietato anche nel caso in cui non ci sia da temere nessuna
possibilità di affiatamento». Aboda zara, 35 b.:
«Le seguenti cose di proprietà del cristiano sono
vietate: il latte che il cristiano ha munto in assenza
dell'ebreo 101, il pane
102, ecc...».
- Per nessuna ragione è
lecito all'ebreo essere assimilato al cristiano
Afferma lo Iore dea,
178, 1.: «I giudei non vivano secondo il costume dei
cristiani, né compiano azioni simili a quelle che essi
compiono; non si vestano degli abiti proprî del cristiano;
non si acconcino la testa come i cristiani [...] e
non costruiscano case simili ai templi cristiani».
Poiché non è sempre possibile osservare questa legge, segue
un esempio che indica come qualche volta si possa recedere
da essa, specialmente quando la cosa torni comoda agli
ebrei. Vale a dire, nel caso in cui l'ebreo debba coltivare
un'arte per la quale sia prescritta una data foggia di
vestito.
I cristiani sono da evitare perché sono immondi
Nessuno ignora quanto per gli
ebrei siano importanti e quanto frequenti gli unguenti e le
purificazioni, e con quanta attenzione essi debbano evitare
tutto ciò che li possa contaminare. Naturalmente, i
cristiani, secondo il Talmud, sono creature che
mediante il semplice contatto insozzano qualsiasi cosa. Dice
l'Aboda zara 72 b.: «Una volta, un uomo (un
ebreo; N.d.A.) travasò del vino per mezzo di un sifone a
due becchi 103, ambedue
immersi nei vasi. Venne un cristiano e toccò il sifone, e
subito tutto il vino fu contaminato»
104.
Devono inoltre essere lavati tutti i vasi che
passano dalla proprietà del cristiano a quella del giudeo,
anche se non sono stati mai adoperati. Insegna lo Iore
dea 120, 1: «Se l'ebreo compra dal cristiano ("acum")
un recipiente per la tavola, metallico, di vetro o di
piombo, anche se si tratti di oggetti del tutto nuovi, deve
lavarli nel "micvà" ("grande vasca") o in una cisterna
sufficiente per quaranta seminati».
Bisogna evitare i cristiani perché sono idolatri
Affinché l'ebreo non porga
l'occasione di peccare agli idolatri cristiani contro il
precetto «non porre ostacoli davanti al cieco» (Lv
19, 14), deve astenersi da ogni contatto con loro durante i
giorni nei quali essi onorano il loro falso dio. Dice l'Aboda
zara 2 a.: «Per tre giorni interi
105 prima della festa degli
idolatri è vietato avere con loro commercio di
compravendita, soccorrerli o ricevere soccorso, prestare
loro denaro o riceverne, saldarli di un conto o essere
saldato» 106. Insegna l'Aboda
zara 78 c. Perusc' di Maimonide (al fol. 8):
«Tutte le feste di coloro che errano seguendo la dottrina di
Gesù sono proibite, e conviene comportarsi con loro come ci
si comporta con gli idolatri. Il primo giorno della
settimana è per i gentili particolare giorno festivo; quindi
è proibito avere contatti di qualsiasi genere (nel primo
giorno dopo il sabato, ossia la domenica), con chiunque
creda in Gesù. Peraltro, bisogna osservare nel giorno di
domenica tutte le cose che osservano gli idolatri in questo
loro giorno festivo. Così insegna lo stesso Talmud».
- Non è lecito all'ebreo
usare le cose che appartengono al culto divino dei cristiani
Dice lo Iore dea 139,
1.: «È proibito l'uso degli idoli e delle cose che
servono al loro culto. Non importa se queste ultime siano
state costruite da un cristiano ("acum") o da un israelita».
|
Il
testo originale di Mons. Pranaitis, edito per la
prima volta a Pietroburgo nel 1892 per i tipi
dell'Accademia Cesarea delle Scienze, e pubblicato
in Italia nel 1939 a Roma dalle Edizioni Tuminelli &
C., si presenta al lettore suddiviso su due facciate
distinte: su quella di sinistra appare il testo in
latino dello studio dell'Autore, dove le citazioni
estratte dal Talmud sono riportate prima in
ebraico e quindi in latino. Sulla facciata di
destra, invece, è presente la traduzione dello
stesso testo in lingua italiana. |
- È vietato vendere al
cristiano ciò che possa servire al suo culto idolatrico
Insegna l'Aboda zara 14
b. Tosefot: «È vietato in eterno vendere l'incenso
al sacerdote idolatra e chiericuto. Quando egli lo chiede è
come se dichiarasse
di servirsene per il suo culto
idolatrico, poiché è manifesto che egli lo chiede al solo
fine di offrirlo al suo idolo, e chiunque glielo venda
contravviene al precetto che prescrive di non porre ostacoli
dinanzi al cieco. È inoltre proibito vendere cera a
qualsiasi gentile nel giorno sacro ai ceri. Non è vietato
negli altri giorni. Ugualmente, non è concesso vendere al
gentile un calice che l'ebreo abbia comprato dopo che il
cristiano ("goi") lo abbia rotto o scartato; non è concesso,
dico, venderglielo tale e quale fino a che non sia stato interamente trasformato, poiché per una sola scalfittura
egli non smette di versarvi del vino in onore dell'idolo
(derisione)» 107. Segue
poi il paragrafo relativo alla proibizione della vendita dei
libri ai sacerdoti cristiani, libri che l'ebreo non può
nemmeno rilegare. Afferma lo Iore dea, 139, 15.:
«Non è lecito rilegare i libri del cristiano ("acum"),
tranne quelli relativi ai giudizi o quelli letterari. Se
così facendo l'ebreo rischia di attirarsi qualche
inimicizia, allora può essere lecito, ma non prima di avere
fatto tutto il possibile per evitare l'incarico». Lo
stesso trattato al 151, 1. Agà insegna: «È
proibito vendere acqua al cristiano se è noto che egli
voglia usarne a scopo di battesimo». Molte altre cose
che non è lecito vendere ai cristiani vengono enumerate,
quali: pezze di stoffa con le quali possono confezionarsi
paramenti sacerdotali o insegne, o carta e inchiostro se si
abbia il sospetto che possano servire a scrivere libri
relativi al culto divino. È proibito vendere o affittare ai
cristiani case nelle quali essi vogliano celebrare le loro
sacre funzioni 108. Oggi,
tuttavia, gli ebrei commerciano con i cristiani specialmente
nei giorni festivi e affittano loro case, sebbene sappiano
benissimo che essi vi celebreranno senza dubbio alcuni dei
loro Sacramenti quali il Battesimo, la Comunione e l'Estrema
Unzione.
Nemmeno il Talmud riesce a spiegare questo
fatto. Insegna l'Aboda zara 2 a. Tosefot:
«È difficile spiegare su quale fondamento si basi oggi il
giudeo quando negozia con i cristiani ("goim") nei giorni
festivi. Nonostante molti dei loro giorni mortiferi siano
consacrati ad onorare i santi o i cinedi, che essi credono
di adorare come altrettante divinità, tuttavia ogni
settimana si serbano un giorno per onorare Gesù Nazareno,
giorno che, secondo Rabbi Ismael, è proibito in eterno».
Il suo glossatore, Bartenora 109,
aggiunge nell'Aboda zara, I, 2, f. 7 b.: «Vivendo
in prigionia e non potendoci sostenere se non commerciando
con essi, e poiché da loro dipende l'unica nostra
possibilità di vita, senza tuttavia dimenticare che dobbiamo
molto temerli, soltanto il loro giorno festivo è proibito
110. Anzi, oggi è permesso
commerciare con loro anche nello stesso giorno festivo
perché i rabbini sono persuasi che non tutti in questo
giorno si appartano a celebrare il loro idolo. Nondimeno,
tutto ciò che è vietato in questo codice, si riferisce a
coloro che sono idolatri in senso stretto»
111. Rabbi Tam
112 cerca di dimostrare nella
Misnàh che è proibito soltanto vendere agli idolatri, la
vigilia del giorno festivo, quelle cose che essi adoperano
per celebrare il loro culto, poiché essi se ne servono per
onorare i proprî idoli quando abbiano già acquistato tutto
l'occorrente per il culto. Egli così si esprime nell'Aboda
zara 2 a, Tosefot: «Nessuno deve meravigliarsi
di questo nostro modo di fare, poiché pur ritenendoli
idolatri, sappiamo che essi non usano fare altro genere di
pagamento se non in denaro. Cessa quindi ogni ragione di
proibizione derivante da un loro vantaggio e da una loro
preferenza. Infatti, essi hanno abbastanza denaro per il
loro scopo (anche senza ricorrere a noi)». Questa legge
che vieta ogni commercio con gli idolatri, non riguarda
coloro che non credono agli idoli, vale a dire coloro che
nella nostra lingua sono chiamati «atei».
Dice lo Iore
dea 148, 5.: «Non è lecito inviare doni al cristiano
("acum") nel giorno festivo se non sia ben noto che si
inviano ad uno di loro che non crede, né serve gli idoli».
Altrettanto si legge nell'Ilcot acum di Maimonide IX,
2.: «Non è lecito inviare un regalo a un cristiano
("goi") nel giorno festivo se non sia ben manifesto che egli
non osserva il culto degli idoli, né ad essi sacrifica».
Bisogna evitare i cristiani perché
sono dannosi
Gli ebrei ritengono che i
cristiani non abbiano altro desiderio che la distruzione dei
figli d'Israele. Perciò, gli accorti condottieri della
cosiddetta «gente eletta» comandarono ai loro che per
nessuna ragione frequentassero i cristiani, sempre sospetti
di omicidio e di altri delitti, specialmente nei casi in cui
non fosse cosa facile evitare i loro malefici. Non è quindi
permesso all'ebreo di giovarsi di una nutrice cristiana, né
di un insegnante, di un medico, di un barbiere e di una
levatrice cristiani.
- L'ebreo non può
ricorrere ad una balia cristiana
Insegna lo Iore dea, 81, 7.
es.: «Non si allevi il fanciullo mediante una balia
cristiana ("nocrit") quando sia invece disponibile una balia
ebrea, perché il latte della cristiana indurisce il cuore e
procura al fanciullo una cattiva indole»
113.
- L'ebreo non può
ricorrere ad un insegnante cristiano
«Non si affidi a costoro un
fanciullo per educarlo nelle lettere o nelle arti; poiché
essi (i cristiani) con queste lo trascinano
nell'eresia». Abbiamo già visto sopra quale sia l'altra
ragione per cui non è lecito affidare i fanciulli agli
insegnanti cristiani.
- L'ebreo non può
farsi curare da un medico cristiano
Afferma lo Iore dea
155, 1.: «Da qualunque ferita o malattia sia affetto
l'ebreo, anche grave a tal punto che sia lecito violare il
giorno di sabato per procurarsi una medicina, non gli è
concesso di ricorrere all'opera di un medico cristiano di
scarsa rinomanza (anche se preparatissimo nella propria
professione). Bisogna sempre temere l'assassinio. Anche in
pericolo di morte, non è ugualmente lecito essere curato da
un medico cristiano. Potrà essere lecito soltanto in caso di
morte certa, poiché un'ora in più o in meno di vita non può
contare molto. Se il medico cristiano ("acum") affermerà
l'efficacia di un medicamento gli si può credere, ma non è
lecito comprarlo da lui. Alcuni dicono che queste pratiche
con i medici cristiani siano vietate soltanto nel periodo in
cui questi ("acum") prestano gratis la loro opera, ma quando
si fanno pagare, allora si può ricorrere a loro in ogni
caso, poiché è certo che non causeranno danno all'ebreo per
non perdere il loro guadagno». Così il Pesascim
25 a.: «Disse Rabbi Ioscianan: "Gli ebrei possono essere
curati da tutti, tranne che dagli idolatri, dai puttanieri e
dagli omicidi"».
- L'ebreo non può
andare dal barbiere cristiano
Afferma lo Iore dea
156, 1.: «Non bisognerà farsi radere la barba da un
barbiere cristiano se non quando siano presenti altri
giudei. Altri ribadiscono questo precetto asserendo che non
bisogna farsi radere neppure quando siano presenti molti
ebrei. Comunque, è necessario potersi guardare allo
specchio» 114.
- La donna ebrea non può
avvalersi di una levatrice cristiana
Così insegna il trattato
talmudico Aboda zara 26 a.: «Ci insegnarono i
nostri rabbini: "Una donna straniera non può fare da
levatrice ad una figlia d'Israele, poiché esse, secondo
Rabbi Meir, sono sospette di omicidio". Alcuni dotti ebrei,
tuttavia, dicono che ci si può servire delle levatrici
d'altra razza quando siano presenti altre donne ebree, ma
mai quando la partoriente è sola. Ma Rabbi Meir disse:
"Neanche quando sono presenti altre donne ebree è lecito
servirsi di levatrici d’altra razza, poiché esse toccano con
la mano il cervello del nascituro laddove è più molle e lo
uccidono. Tanto più che possono compiere questa azione senza
essere osservate, né scoperte"».
CAPITOLO II
I CRISTIANI DEVONO ESSERE DISTRUTTI
Ai seguaci di «quell’uomo», il
cui stesso nome presso gli israeliti significa «sia
distrutto il suo nome e la sua memoria», gli ebrei non
possono augurare altro se non che muoiano tutti: romani,
tiranni, aguzzini dei figli d'Israele, affinché gli ebrei
possano essere liberati da quella che essi considerano la
loro quarta cattività. Qualunque israelita, a seconda delle
sue forze, è quindi tenuto a distruggere quell'empio regno
edomitico diffusosi per tutta la Terra.
Ma non essendo un
simile sterminio dei cristiani sempre e dovunque e a tutti
possibile, insegna il Talmud che bisogna distruggerli
almeno indirettamente; vale a dire nuocendo loro in ogni
modo, diminuendo la loro potenza e preparando la loro
rovina. Sempre che sia possibile, l'ebreo può e deve
trucidare i cristiani senza alcuna misericordia.
- Bisogna fare del male ai
cristiani
All'ebreo è stato dato il
comando di nuocere ai cristiani sia indirettamente, cioè
astenendosi dal fare loro del bene, sia direttamente, negli
affari e nei giudizi. L'ebreo non può soccorrere il
cristiano che si trovi in pericolo di vita.
- L'ebreo deve
astenersi dal fare del bene al cristiano
Dice lo Zohar I, 25 b.:
«Coloro che fanno del bene al cristiano ("acum") non
risorgeranno dopo la morte». È permesso qualche volta
fare del bene ai cristiani, ma soltanto quando ciò torni a
vantaggio del giudeo; ad esempio, quando sia necessario
simulare pace e amicizia. Così Maimonide nell'Ilcot acum,
X, 6.: «I poveri dei gentili vengano nutriti con i poveri
di Israele per non aver danno, e nulla impedisce che i
cristiani poveri raccolgano gli avanzi negli angoli, purché
sia per amore di tranquillità». Insegna lo Iore dea
148, 12.: «Allo stesso modo, se l'ebreo entra in una
città e incontra dei cristiani giubilanti per una loro
solennità, egli può rallegrarsi con loro, ma soltanto per
nascondere l'inimicizia come fa l'ipocrita. Tuttavia, colui
che tiene alla salvezza della sua anima, si astenga dal
rallegrarsi con loro. Simile genere di rallegramenti dev'essere
detestato, se ciò è possibile, senza incorrere in
inimicizia».
- All'ebreo non è
lecito lodare il cristiano
Così l'Aboda zara 20 a.
Tosefot: «Non attribuire loro alcuna grazia
115 che possa esprimere
ammirazione per una qualsiasi bellezza
116 del cristiano ("goi")».
Con questa frase, vengono spiegate le parole del
Deuteronomio (Dt 7, 2) citate nella Ghemaràh
che significano: «Non avrai misericordia di loro»
(dei cristiani). Allo stesso modo, Rabbi Schlomo
Iarci spiega questo passo della Sacra Scrittura: «Non
pronuncerai parole che tornino a loro lode; è proibito
esclamare: "Com'è bello quel cristiano"».
Afferma lo
Iore dea, 151, 14.: «Non è concesso a nessuno
pronunciare parole in loro lode, né dire la frase: "Quant'è
bello quel cristiano", né tanto meno è lecito lodare le loro
opere o raccontare fatti che possano renderli celebri. È
lecito tuttavia lodare il cristiano soltanto nel caso in
cui, lodandolo, si abbia intenzione di glorificare Dio
benedetto per aver creato cose belle anche fra loro».
- All'ebreo non è
nemmeno lecito pronunciare il nome dei cristiani, nè
quello degli oggetti che servono per il loro culto
idolatrico
Così insegna l'Ilcot acum
V, 12.: «È anche vietato menzionare un cristiano
[...]. Poiché è scritto: "Non li ricorderai"»
117.
|
Nell'immagine qui a lato, la storica visita di
Giovanni Paolo II alla sinagoga di Roma del 13
aprile 1986, in occasione della quale egli definì
gli ebrei «nostri fratelli maggiori».
Purtroppo, si è andati ben oltre. Il 31 ottobre
1997, ricevendo in udienza in Vaticano i
partecipanti all'incontro di studio su «Radici
dell'antigiudaismo in ambiente cristiano»,
Giovanni Paolo II ha detto: «I vostri lavori
completano la riflessione condotta soprattutto dalla
Commissione per i rapporti religiosi con l'ebraismo,
tradotta, fra le altre cose, negli "Orientamenti",
del 1º gennaio 1974 e nei "Sussidi per una corretta
interpretazione degli ebrei e dell'ebraismo nella
predicazione e nella catechesi della Chiesa
cattolica", del 24 giugno 1985» (cfr.
Osservatore Romano, del 3-4 novembre 1997). Ma
cosa dicono esattamente i documenti vaticani cui ha
fatto riferimento Giovanni Paolo II? Ecco: «I
Vangeli sono il frutto di un lavoro redazionale
lungo e complesso. Non è quindi escluso che alcuni
riferimenti ostili, o poco favorevoli agli ebrei
abbiano come contesto storico i conflitti tra la
Chiesa nascente e la comunità ebraica. Alcune
polemiche riflettono le condizioni dei rapporti tra
ebrei e cristiani che, cronologicamente, sono molto
posteriori a Gesù. Questa constatazione resta
fondamentale se si vuole cogliere, per i cristiani
di oggi, il senso di alcuni testi dei Vangeli».
Che fuor di metafora sta a significare che
«alcuni testi del Vangelo» in cui Nostro Signore
qualifica la classe sacerdotale ebraica con epiteti
«ostili, o poco favorevoli», come «razza di
vipere», «ipocriti», «sepolcri imbiancati», «figli
del diavolo e non di Abramo», «ciechi che guidano
ciechi», ecc..., sono «molto posteriori a Gesù»
e quindi falsificati dalla Chiesa nascente.
In poche parole, i santi Vangeli, che la Chiesa
cattolica ha sempre creduto di fede come ispirati, e
quindi Parola autentica di Dio, sarebbero un
falso antisemita! |
- Qualora sia comunque
necessario nominare gli idoli, bisogna farlo dando
loro nomi ignominiosi
Dice lo Iore dea 146,
15.: «Bisogna distruggere gli idoli e dare loro nomi
ignominiosi». Lo stesso si dice al punto 147, 5.: «È
lecito deridere gli idoli». Agà: «Si può dire
al cristiano: "Che il tuo Dio ti aiuti"; oppure: "Faccia
prosperare il tuo lavoro"». Rabbi Besciai,
spiegando il testo del Deuteronomio (Dt 7, 26)
che tratta dell'odio verso l'idolatria, così dice
118: «Insegna la Scrittura che
l'ebreo è tenuto a detestare gli idoli dando loro nomi
ignominiosi; vale a dire: se una chiesa è chiamata "bet
galia" (che in ebraico significa "casa eccelsa"), il
suo nome dev'essere cambiato in quello di "bet caria"
(che in ebraico significa "casa umile", "casa dei porci"
o "latrina"), poiché la voce "caria" denota un
luogo profondo e vile». Abbiamo visto fin qui ed in
molte altre occasioni come le cose dei cristiani siano
chiamate dagli israeliti in modo spregiativo. Ora, sarà
utile compilare un elenco di alcuni nomi con i quali gli
ebrei chiamano gli uomini e le cose cari e sacrosanti per il
cristiano:
-
Gesù Cristo viene chiamato ignominiosamente
Iesciu, nome che, come abbiamo già visto, deriva da
Immasc Sciemo Vezicro: «Siano distrutti il suo nome e la
sua memoria». Invece, il vero nome del nostro Salvatore in
ebraico è Iesciua, che significa «salvezza». Quando
essi vogliono alludere al vero significato di questo nome,
dicono che Gesù Cristo è El lo ioscia, ovvero «Dio
che non salva». Nella preghiera che essi recitano
uscendo dalla sinagoga, quando ringraziano Dio perché Egli
non ha creato il popolo d'Israele simile alle altre nazioni
della Terra, o perché né parte o porzione di esso ha
destinato alla stessa sorte delle altre genti, alle
preghiere che pronunciano aggiungono queste parole: «Le
genti si prosternano e adorano un idolo vano e inutile e
rivolgono suppliche a un dio che non può salvarle»
119. Similmente, presso Rasci, nel
Salmo 18, (versetto 24), alle parole iesci avveu veen
moscia, ossia «lo invocarono e non è il Salvatore»,
l'autore aggiunge: «Questi è il dio degli altri»
120. L'appellativo di Cristo
notsri, ossia il Nazareno, dicono che ha lo stesso
valore delle parole ben netser, nome quest'ultimo di
un famoso ladrone di cui si fà menzione nel Talmud (Chetubot
51, b.). Rabbi Isaac Abrabanel (1437-1508),
spiegando le parole di Daniele (Dn 7, 8) «mentre
io guardavo le corna, ecco un altro piccolo corno saliva fra
loro», aggiunge 121:
«Ascolta per quale ragione i rabbini spiegano che quel
piccolo altro corno "ben netser", è Gesù Nazareno, e perché
a seconda della discendenza congiungano con lui l'empio
regno, e cioè il regno di Edom; perché quel regno è il suo
popolo» 122.
-
Maria, Madre di Gesù è chiamata Sciaria,
cioè «escremento» 123,
mentre in ebraico quel nome suona Miriam.
- I
Santi, che in ebraico si chiamano chedoscim,
essi, inserendovi uno iod e cambiando questo nome in
quello di chedescim, li chiamano cinedi
124. Le Sante invece le chiamano
chedesciot, ovvero «prostitute».
- Il
giorno festivo del Signore, ossia la domenica,
è per loro iom ed, ossia «giorno di disgrazia».
- Il
giorno di Natale del Signore lo chiamano
nithal, vale a dire «estirpazione».
- La
Pasqua non la chiamano pesasc, ma
chetsasc, cioè «taglio», «frattura», o anche chesasc,
ossia «patibolo».
- La
chiesa dei cristiani non viene detta bet
attefillà, ovvero «casa di preghiera», ma bet
hattiflà, e cioè «casa di stoltezza e di fatuità»,
oppure bet atturpa, ossia «casa di turpitudine».
- Il
Vangelo è per loro aavon ghilaion, cioè
«libro d'iniquità».
- I
sacrifici dei cristiani sono chiamati
stercorazioni. Nel Talmud gerosolimitano
125 si trova questa frase:
«Colui che vede i cristiani "mezabbelin"
126 (cioè "emettere sterco"),
che è quanto dire "mezabbescim", cioè che sacrificano
all'idolo, dica: "Colui che sacrifica all'idolo, verrà
divorato"» 127.
Non solo essi chiamano le cose
sacre del culto cristiano con nomi perversi, ma anche le
persone stesse e specialmente i massimi dignitari cristiani.
Così nell'Aboda zara 46 a., si comanda che se
qualcuno vuole dire le parole pene ammelec, ovvero
«volto regale», dica invece pene accheleb, ossia «muso
di cane». La ragazza cristiana che nel giorno di sabato
serve gli ebrei è invece chiamata sciavvescicsel,
ossia «sporcizia sabatina».
- All'ebreo non è
lecito fare regali ai cristiani. Dice l'Ilcot acum,
X, 5: «È proibito dare doni ai cristiani ("goim") senza
ricompensa. È tuttavia lecito fare regali al proselita che
abiti fra gli israeliti perché così è detto: "Al forestiero
che si trova nelle tue città dà da mangiare o vendigli i
tuoi oggetti 128, ma
vendiglieli, non donarglieli"». Insegna lo Iore dea,
151, 11: «È proibito fare doni al cristiano che non abbia
nessuna dimestichezza con l'ebreo». Tuttavia, il
Talmud 129 al giudeo, o
anche a coloro dai quali si spera ricevere una ricompensa.
Ciò può essere fatto anche per conservare lo stato di pace.
- All'ebreo è
vietato per legge vendere il proprio terreno al cristiano
Dice lo Iore dea, 334, 43:
«Il Sinedrio deve mandare in
esilio l'ebreo in ventiquattro
casi, tra cui [...] il caso in cui qualcuno venda il suo
fondo al cristiano
("acum") dev’essere mandato in esilio; e così dicasi di
coloro che non intendano
riparare qualsiasi specie di danno procurato dall'"acum" che
abita vicino
all'israelita».
- All'ebreo è
vietato anche insegnare un mestiere al cristiano
Insegna
lo Iore dea 154, 2: «Non è lecito (all'israelita)
insegnare
un mestiere al
cristiano».
Bisogna dilapidare i beni dei cristiani
I cristiani, come servi o bestie al servizio dei figli
d'Israele, appartengono
al giudeo con la loro vita e le loro sostanze. Dice un
assioma rabbinico: «Se la vita del (cristiano) è (nelle mani d'Israele), tanto
più lo saranno le sue
sostanze» 130. L'ebreo può impossessarsi impunemente delle
cose che appartengono
al cristiano, sia pure con frode e con dolo, poiché questi
atti
non possono essere considerati furto, ma recupero di ciò che
è proprio.
Insegna il Baba batra 54 b.: «Tutte le sostanze del
cristiano sono simili al
deserto; chi arriva per primo ne è il padrone».
- Perciò non è lecito dare ai cristiani buoni consigli
quando essi sbagliano
nei loro affari
Dice lo Scioscen ammispat
183, 7: «Un tale
mandò un
suo uomo di fiducia a riscuotere denaro presso un cristiano.
Se il cristiano avesse
sbagliato dando oltre il giusto, il di più sarebbe andato al
messo. Agà. E gli appartiene
specialmente nel caso in cui sia proprio il messo ad
accorgersi dell'errore
in eccesso, prima di consegnare il denaro al padrone. Se
invece egli consegnerà al
padrone anche il denaro ricevuto per errore, tutta la somma
spetta a quest'ultimo».
- Non è lecito restituire
una cosa trovata se il proprietario è un cristiano
Insegna lo Scioscen ammispat
266, 1: «Un oggetto smarrito da
un cristiano
può essere tenuto (dall'ebreo), poiché è detto:
"(Restituisci) l'oggetto perduto dal tuo fratello"
131. Chi restituisce la cosa
trovata (del cristiano) è trasgressore della Legge, in
quanto egli, restituendo, aumenta il possesso di coloro che
trasgrediscono la Legge. Ma se invece qualcuno restituisce
la cosa trovata per onorare il nome (di Dio), e tutti
rivolgono lodi agli israeliti, e da questa azione appare
manifesto come essi siano uomini d'onore, allora per questo
fatto egli dev'essere grandemente lodato»
132.
- È lecito frodare i
cristiani
Dice il Baba cama 113,
b: «È lecito frodare il cristiano». E lo Scioscen
ammispat 156, 5. Agà: «Se qualche (giudeo) è
impegnato in un buon affare unitamente ad un cristiano, non
è lecito a nessun altro, come vorrebbero le consuetudini in
alcuni luoghi, fare concorrenza ed entrare in rapporti
d'affari con lo stesso cristiano. In altri luoghi non si
giudica la cosa allo stesso modo. Si permette infatti al
sopravvenente ebreo di avvicinare il cristiano, negoziare
con lui (frodarlo) e recuperare il proprio denaro, essendo
le sostanze dei cristiani da ritenersi patrimonio comune,
quindi appartenente a colui che per primo se ne
impadronisce. Alcuni tuttavia, a proposito di questo passo,
asseriscono che è vietato (al giudeo di intromettersi) come
si è detto». E lo Scioscen ammispat 183, 7.
Agà: «Nel caso in cui un socio, quando un (israelita)
e un cristiano stanno per concludere un affare, s'intrometta
e defraudi il cristiano o nella misura, o nel peso, o nel
numero, esso è tenuto a dividere il guadagno con il compare.
Allo stesso modo si deve agire se in precedenza si era
convenuto il compenso o se (la prestazione) si doveva
intendere gratuita» 133.
- Per l'ebreo è
anche lecito fingersi cristiano al fine di trarre
maggiormente in inganno
Insegna lo Iore dea
157. Agà 45: «Se (l'ebreo) può ingannare (gli
idolatri) a tal punto che essi lo ritengano, come essi sono,
un adoratore delle stelle, allora (la simulazione) è lecita».
Un esempio di simile perversità viene riferito dal
lodatissimo Johann Christoph Wagenseil (1633-1705)
nella sua opera Sota, (pag. 704). «Ti prego, buon
lettore, ascoltami e stupisci nell'udire in qual modo il
nostro Giulio Corrado Otto, pseudo-ebreo, pseudo-rabbino e
pseudo-cristiano, quindi (l'indignazione prorompe e mi
costringe a lasciar da parte la solita modestia d'eloquio),
vero truffatore, più che truffatore, arcitruffatore, come
abbia trattato dico, nel Gali Razia o "Scoperta dei segreti"
(L. I. c. 3) quanto egli simula d'aver letto nel Rosc
asciana (cap. I a pag. 186, riconoscendo, non oltre il
foglio 31 134 il
trattato integrale): "Segue il testo - così si esprime - che
dice come anche il Figlio si debba adorare, esistendo Egli
come Dio insieme al Padre: "Disse Rabbi Icsciac a Rabbi
Caana: "Chiediamo che offriate sacrifici a Dio celeste e
adoriate il Re vivo ed eterno insieme al suo Figlio". Con
tali parole il Rabbi insegna chiaramente che Dio Padre aveva
un Figlio che si deve onorare; poiché dice: "Adoriamo
l'eterno Re insieme al Figlio suo". Cioè: quel Re vivo che è
Dio Padre e "Benoi", che in lingua caldaica è come se si
dicesse: "Adoriamo Dio Figlio, essendo egli uguale al Padre
e coeterno allo Spirito Santo"». Suvvia! In nome di Dio e
degli uomini! Cos'è questo se non un sacrilegio? Lo stesso
demone stigio Caco non avrebbe maggiormente deriso la
santissima religione dei cristiani come si scopre aver fatto
questo nefandissimo uomo. Razza di furfante! Sono queste
dunque "quelle dottrine, quei misteri nascosti e finalmente
sottratti agli ebrei" che tu, nella prefazione al tuo libro,
tranne che nei detti della Sacra Scrittura, in tutto il
resto nefandissimo, ti gloriavi "di mettere in luce,
affinché più facilmente fosse a tutti nota la gloria di Dio
e i lettori cristiani si confermassero ancora di più nella
vera fede"? O non è forse questo "divulgare i misteri degli
ebrei perché tornino a loro comodo e vantaggio"? E
naturalmente "non solo trascrivesti il testo genuino del
Talmud e le stesse parole dei rabbini", ma vi aggiungesti il
numero delle singole pagine perché fosse più chiaro che tu
in buona fede, con semplicità, candidamente, senza nessun
preconcetto riferivi queste cose. Sono interamente persuaso
che questo infame bipede alterando la religione cristiana e
meditando il suo detestabile libro, non avesse altro intento
se non quello, con il pretesto di giovare alla fede
cristiana, di renderla invece disprezzabile agli israeliti.
Egli sperava che sarebbe accaduto che i cristiani si
sarebbero avidamente serviti contro gli ebrei dei suoi
argomenti men che validi e per mero scherzo elargiti al
ludibrio della fede, in modo da esporsi alle risa e alle
beffe dei giudei. E purtroppo questo è accaduto. Alcuni non
spregevoli uomini hanno dato credito alle frodi e alle
menzogne di questo autentico sicofante e le hanno inserite
nei loro scritti. Quindi, è necessario avvertire
pubblicamente che apprendano con maggior cautela tali eresie
coloro che amano la propria salvezza e vogliono integra la
gloria di Dio e di Gesù Cristo Nostro Signore».
- Per la sua legge,
l'ebreo può esercitare l'usura verso i
cristiani
Dice l'Aboda zara 54
a.: «È lecito prestare denaro con usura all'apostata
135 incline all'idolatria».
Iore dea 159, 1: «Secondo la Toràh è lecito
prestare al cristiano denari a usura. Alcuni sapienti
peraltro lo negano, se non in caso di pericolo di vita. Oggi
è lecito in ogni caso».
Bisogna nuocere ai cristiani nelle cause
Ogni frode, menzogna o
spergiuro è permessa all'ebreo al fine di fare condannare in
giudizio un cristiano. Insegna il Baba cama 113 a.:
«Così dice la dottrina: "Se convengono in giudizio un
israelita e un cristiano, potendo tu assolvere (l'ebreo)
secondo le leggi d'Israele, assolvilo e al cristiano che si
lamenta rispondi che così comandano le nostre leggi. Ma se
(il giudeo può essere assolto) secondo le leggi del popolo
del paese, assolvilo e dì al cristiano che tali sono le
vostre leggi. Se non è possibile né l'una né l'altra cosa,
giocherai d'astuzia contro (il cristiano), come vuole Rabbi
Ismael". Rabbi Achiba invece crede che non si debba agire
dolosamente per evitare di profanare il nome (di Dio
Benedetto, qualora l'ebreo dovesse essere in qualche modo
coinvolto nell'inganno)». La glossa marginale di questo
passo chiarisce che la correzione di Rabbi Achiba dev'essere
intesa nel modo come segue: «Non (c'è) profanazione del
Nome (dell'Altissimo), quando (il cristiano) non si accorge
che (il giudeo) mente». E poco più avanti, il Baba
cama 113 b. Tosefot afferma: «Non c'è
profanazione del nome (di Dio) quando, ad esempio, (l'ebreo)
dica bugiardamente al (cristiano) che eredita: "Io ho dato
questa cosa a tuo padre, e poiché egli è morto, (tu
restituiscimela)", in modo che il cristiano non si accorga
che (il giudeo) ha chiaramente mentito».
- L'ebreo può anche
essere spergiuro e avere la coscienza a posto
Dice il Callà 1 b (pag.
18): «Ed ella gli disse 136:
"Giura". Giurò Rabbi Achiba con le labbra, ma in cuor suo
rese subito vano il giuramento». Dopo queste parole si
aggiunge che Rabbi Achiba fu esaltato come colui al
quale Dio stesso aveva rivelato il suo arcano. Un passo
analogo si trova nello Scebuot agaot, di Rabbi
Ascer (6 d.) 137: «Se il
comandante di una città costringerà (gli ebrei) a giurare
che essi non fuggiranno, né aiuteranno altri a fuggire, essi
possono giocare d'astuzia (e cioè giurare il falso) pensando
dentro di sé di non uscire oggi e di non aiutare altri a
fuggire soltanto per oggi».
Bisogna nuocere ai cristiani nelle
circostanze più gravi della vita
Gli ebrei non devono
tralasciare alcun mezzo per vincere la tirannide della loro
quarta prigionia (nelle mani dei cristiani) e liberarsi in
qualsiasi modo. Si deve quindi combattere con ogni astuzia
purché i fatti non si rivolgano a proprio danno: non si
devono quindi curare gli ammalati, né aiutare le partorienti
cristiane, né tanto meno liberare i seguaci di Cristo nel
caso che in cui si trovino in pericolo di vita.
- L'ebreo è tenuto a
cospargere di insidie la via dei cristiani
Insegna il Fohar I, 160
a.: «Disse Rabbi Ieuda (a Rabbi Sceschiam): "Dev'essere
attribuito molto merito a colui che ha forze sufficienti per
liberarsi da quella parte (nemica dei giudei) e sono molto
da lodare quegli uomini giusti che non solo possono
liberarsi da tale fazione avversaria, ma sanno anche
sconfiggerla". Disse Rabbi Sceschia: "In quale modo (potremo
sconfiggerla)"? 138.
Aprì (la bocca Rabbi Ieuda) e disse: "Farai loro guerra nel
commercio". Quale guerra? Si intende la guerra condotta
contro quella mala genia che ciascun figlio dell'uomo,
(ciascun ebreo) è tenuto a debellare, allo stesso modo in
cui Giacobbe fece verso Esaù 139,
il quale appartenne a quella gente: e cioè, combattere con
astuzia (e perversità) e ovunque sia necessario, combattere
senza sosta, fino al raggiungimento del nuovo ordine,(fino
al completo assoggettamento dei popoli della Terra). E
per questo io dico che devono essere esaltati coloro che
possono liberarsi (da quella genia) e dominarla».
- Non è lecito aiutare il
cristiano ammalato
Insegna lo Iore dea
158. 1: «Non bisogna prestare loro (ai cristiani) cure
nemmeno dietro compenso purché naturalmente ciò non sia
causa di inimicizia, (poiché in questo caso è lecito
aiutarli anche gratuitamente, sempre che sia impossibile
rifiutarsi). Allo stesso modo, è lecito sperimentare una
medicina sul cristiano (per accertarsi) se essa giovi o
meno» 140.
- Non bisogna soccorrere la
partoriente cristiana
Dice l'Orac sciaim 330,
2: «Non bisogna aiutare la moglie di un cristiano che sta
per partorire nel giorno di sabato, anche se si tratta di
cosa di poca fatica, non essendo possibile in nessun modo
violare la santità del sabato».
- Se l'ebreo vede il
cristiano in pericolo di vita non lo deve aiutare,
anzi, è tenuto ad allontanargli ogni possibilità di
salvezza
Scioscen ammispat 425,
5: «Se si scorge uno (di questi eretici che negano la
Toràh) che è caduto in un pozzo, e lì vicino ci sia una
scala, bisogna affrettarsi ad allontanarla (dicendo): "Mi
occorre per fare scendere mio figlio dal tetto; te la
riporterò subito", o qualcosa di simile. Non bisogna però
uccidere i cutei con i quali non abbiamo nessuna ragione di
inimicizia, e i pastori degli animali delle greggi minori
d'Israele, laddove questi ultimi hanno i loro campi e altre
genti simili a queste. Peraltro, tutti costoro, se si
trovassero in punto di morte, vanno abbandonati a sé stessi».
Iore dea 158, 1: «Non si devono uccidere gli "acum"
con i quali non abbiamo nessuna ragione di inimicizia;
tuttavia, non bisogna aiutarli mai quando fossero in
pericolo di morte. E cioè, vedendo qualcuno di loro caduto
in mare, non ci si deve adoperare per salvarlo, tranne che
non abbia promesso una ricompensa». Insegna Maimonide
nell'Ilcot acum 10, 1: «Non bisogna provare
compassione per loro ( i cristiani), perché così è detto:
"Non avrai pietà di loro" 141.
Perciò, se qualcuno vede un cristiano in pericolo di morte,
anche nel caso che egli stia per affogare, non deve
prestargli soccorso. Se lo vedrà prossimo a morire, non
cerchi di salvarlo. Non è lecito tuttavia assassinarlo o
gettarlo in un pozzo o fargli altra cosa simile perché egli
non sta facendoci guerra».
Bisogna uccidere i cristiani
E finalmente il Talmud
comanda di uccidere i cristiani senza misericordia. Dice l'Aboda
zara 26 b: «Gli eretici, i traditori e gli apostati
sono da gettare (nel pozzo) e da non cavarli più fuori».
Lo stesso trattato aggiunge alla lista i tiranni, ossia
coloro che ora tengono prigioniero Israele. Abbiamo quattro
generi di uomini che devono essere uccisi dai giudei: i
traditori, gli apostati, i tiranni e infine tutti gli
eretici cristiani «nessuno escluso» fosse anche il
migliore degli uomini. Sono considerati, a giusto merito,
nemicissimi d'Israele i moserot
142 («traditori»), cioè coloro che rivelano i
segreti della dottrina talmudica o che causano agli ebrei
danno pecuniario sia pure di lieve entità. Insegna lo
Scioscen ammispat 388, 10: «Anche oggigiorno è lecito
uccidere il delatore ovunque (esso venga scoperto). Egli può
essere ucciso anche prima che abbia compiuta la delazione.
Non appena abbia fatto intendere di voler riferire qualcosa
di interessante (i beni) sulla vita o sulle sostanze, anche
se siano cose di poco conto e che non rechino molto danno,
egli ha già pronunciato contro sé stesso la sentenza di
morte. Lo si avverta prima e gli si dica: "Non parlare". Se
egli imprudentemente risponderà: "No, parlerò in ogni modo",
dev'essere ucciso; e chi per primo lo ucciderà tanto maggior
merito procurerà a sé stesso. Agà (dottrina). Se mancherà il
tempo d'avvertirlo, l'avvertimento non è necessario. Vi sono
alcuni che affermano che il traditore dev'essere ucciso solo
nel caso che sia impossibile liberarsi di lui (privandolo)
di qualche parte della persona. Se ad esempio fosse
possibile liberarsi di lui (semplicemente) strappandogli la
lingua o accecandolo, allora non è consentito ucciderlo,
perché in questo caso egli non diventa peggiore degli altri
persecutori». Scioscen ammispat 388, 15: «Se
sarà provato che qualcuno abbia tradito per tre volte
Israele o si sia adoperato perché il denaro degli ebrei
venga in possesso dei cristiani, bisognerà cercare un mezzo
(astuto) e prudente per sopprimerlo». Senza dubbio, lo
stesso studio della Legge degli ebrei da parte di un
cristiano è considerato come meritorio della pena di morte.
Insegna infatti il Sanhedrin 59 a: «Dice Rabbi
Ioscianan: "Il cristiano che scruta la Legge è reo di
morte"».
- Gli ebrei che si fanno
battezzare devono essere uccisi
Dice l'Ilcot acum 10,
2: «Questo vale a proposito 143
degli idolatri. Ma coloro fra gli israeliti che si
allontaneranno dalla religione o che diventeranno cristiani,
comandiamo che siano trucidati e perseguitati fin
nell'inferno, come coloro che affliggono Israele e
allontanano il suo popolo da Dio». Iore dea 158,
2. Agà: «I prevaricatori che passano dalla parte
dei cristiani e che si contaminano fra questi adorando le
stelle e i pianeti come essi fanno, sono simili a coloro che
prevaricano per irritare il Signore; quindi, sono da gettare
nel pozzo lasciandoveli per sempre».
Lo stesso si dice
anche nello Scioscen ammispat 425, 5: «Gli
epicurei israeliti, ovvero coloro che si perdono per il
culto delle stelle e dei pianeti, che peccano maliziosamente
per sdegnare il Signore, nonché quelli che mangiano carogne,
o quelli che si vestono sontuosamente (con abiti di lana o
di lino), (sono degni) del vero nome di epicurei;
altrettanto i negatori della Toràh e dei profeti d'Israele:
tutti costoro devono essere uccisi. Chi ha la potestà di
ucciderli con la spada, li uccida senz'altro; in caso
contrario, si adoperi a scavare trabocchetti sulla loro
strada affinché essi periscano». Chi siano i negatori
della Legge, lo dimostra chiaramente Rabbi Maimonide
nell'Ilcot tesciubà III, 8 144:
«Tre sono le categorie di coloro che negano la Toràh:
-
Quelli che dicono che
la Toràh non è stata data da Dio, o che affermano che un
solo verso, una sola parola, non (sono d'ispirazione
divina), ma soltanto elaborazione originale di Mosè.
Tutti coloro (che affermano simili cose) negano la
Legge.
-
Quelli che respingono
la sua spiegazione chiamata Toràh orale ("Misnàh"), né
riconoscono i suoi dottori, come (fecero) Tsadoc
145 e Baitos
146.
-
Quelli che affermano
che il Creatore ha cambiato questa Legge con un'altra e
che la Toràh non ha un valore maggiore di un'altra
Legge, sebbene non neghino che essa sia stata dettata da
Dio, come fanno i cristiani e i musulmani. Ciascuno di
costoro nega la Toràh».
- I cristiani devono essere
uccisi perché sono tiranni, residui degli amaleciti
che l'antica Legge impone di distruggere
Dice lo Zohar I, 25 a.:
«I popoli della terra sono idolatri. Di essi è detto:
"Siano distrutti dalla terra, poiché fra questi sono coloro
dei quali è detto: "Distruggi la memoria di Amalec". I loro
relitti esistono anche in questo periodo della quarta
prigionia 147,
specialmente i loro capi [...] che sono (veri)
amaleciti"».
- Perciò, i primi ad
essere uccisi devono essere i capi
Se i capi dei cristiani si
salveranno, sarà resa vana la speranza dei giudei di
liberarsi da questa quarta prigionia, e vana è la loro
preghiera. Insegna lo Zohar I, 219 b.: «Di certo
la nostra prigionia durerà fino a quando non siano distrutti
sulla Terra i capi dei popoli cristiani». Zohar
II, 19 a.: «Disse Rabbi Ieuda: "Vieni e vedi come stanno
le cose: per tutto il tempo in cui al loro principe è
trasmessa la potenza sopra Israele non viene ascoltata la
preghiera (degli israeliti), la quale (viene invece
esaudita) quando il principe cade, poiché di questo è
scritto; "Morì il re degli egizi e subito i figli d'Israele
furono liberati dalla servitù". Essi pregarono e la loro
preghiera salì a Dio"».
- Detestabilissimo per
tutti gli ebrei è quell'impero la cui città madre è
Roma
Essi lo chiamano il Regno di
Esaù, Regno edomitico, Regno della superbia, Regno improbo,
Roma empia. L'impero turco, chiamato invece Regno
ismaelitico, è da loro risparmiato. Tutta la loro fatica è
rivolta a sterminare il Regno romano, tanto più che alla
rovina di Roma dicono essere congiunte la salvezza e la
liberazione del popolo eletto 148.
Rabbi David Chimsci scrive esplicitamente nell'Obadia
149: «Ciò che dissero i Profeti
negli ultimi giorni della devastazione del Regno di Edom, si
riferisce a Roma, come io stesso ho già spiegato in Isaia,
al verso: "Venite genti ad ascoltare"
150. Poiché quando Roma sarà
devastata, allora verrà la redenzione degli israeliti».
Le stesse cose dice anche Rabbi Abram nel libro Tseror
ammor, nella sezione Scioftim e spesso anche
altrove: «Nella devastazione di Roma, sarà l'immediata
nostra redenzione» 151.
- Infine, essi
dicono che tutti i cristiani devono essere uccisi,
senza esclusione dei migliori fra loro
Dice l'Aboda zara 26 b.
Tosefot: «Il migliore fra i cristiani merita di
essere ucciso». Molte volte questa frase si incontra,
seppure con parole diverse, nei vari libri dei giudei. Ad
esempio, Rabbi Schlomo Iarci, nel cap. XIV del Libro dell'Esodo,
(versetto 7),
dell'edizione di Amsterdam 152 dice:
«Il migliore fra gli
egizi 153 merita di essere
ucciso».
Lo Sciulscian aruc, dopo le parole in Iore
dea 158,
1, dice che non
devono essere uccisi di propria mano quei cristiani che non
sono nocivi
agli ebrei (vale a dire coloro che non fanno la guerra ad
Israele). Tuttavia,
nel commentario Biur etib così egli osserva alla voce
milciamà («guerra»): «Ma nel tempo di guerra, uccidano essi con le proprie
mani (il cristiano)
secondo quanto è detto: "Anche il più buono fra i cristiani
merita di essere
ucciso"». E così di seguito.
- L'ebreo che uccide
il cristiano non commette peccato, ma
offre a
Dio un sacrificio graditissimo
Insegna il Sefer Or Israel
177 b 67: «Distruggi
la vita del cristiano e spegnila. Sarai gradito alla Maestà
Divina
come colui che fà offerta di incenso». Lo stesso trattato al fol. 180 dice:
«L'israelita è tenuto ad estirpare con il massimo impegno
gli sterpi dalla vigna,
ovvero sradicare ed estirpare il cristiano dalla terra.
Nessuna maggiore letizia
può essere data a Dio benedetto di quella che noi gli diamo
sterminando
gli empi e i cristiani di questo mondo». Dice lo Ialcut
simoni 245 c. nº 772,
e il Bamidbar rabba 229 c: «Chiunque sparge il sangue degli
empi (è tanto
accettabile) a Dio quanto colui che gli offre un
sacrificio».
- Dopo la distruzione del Tempio di Gerusalemme nessun
sacrificio
è più grande dello sterminio dei cristiani
Nello Zohar III,
227 b. dice il
buon pastore: «Non ci è gradito altro sacrificio se non
quello che consiste nel
togliere di mezzo il lato immondo». Micdasc' melesc', nello
Zohar f. 62 dice: «Il capro che portavano ad
Azaziele (il giorno dell'espiazione) ci insegna che anche
noi siamo tenuti ad allontanare il cristiano dal mondo».
Lo Zohar II, 43 a, spiegando il precetto di Mosè
circa il riscatto del primo nato dell'asino con l'offerta
dell'agnello, dice: «L'asino sta a significare il
non-ebreo. Riscattalo dalla servitù con l'offerta
dell'agnello, che rappresenta la pecora dispersa d'Israele
(ossia fallo diventare giudeo). Ma se egli ricuserà,
spaccagli la testa [...]. Essi sono da cancellare dal
libro dei vivi, poiché di loro è detto: "Chi avrà peccato
contro di me io lo cancellerò dal libro"»
|
Sopra:
il Lexicon Hebraicum et Chaldaicum cum brevi
Lexico Rabbinico Philosophico (1607) di Johannes Buxtorf,
una delle opere più antiche a cui ha maggiormente
attinto l'Autore di questo scritto. |
- A coloro che uccidono i
cristiani è promesso in Paradiso il posto più elevato
Insegna lo Zohar I, 38
b. e 39 a.: «Nel quarto palazzo del Paradiso sono tutti
coloro che piangevano Sion e Gerusalemme, e tutti quelli che
avranno distrutto i resti delle nazioni idolatre [...].
E come la porpora è l'indumento (onorifico e distintivo di
Dio), così saranno onorati e distinti tutti coloro che
avranno sterminato gli altri popoli idolatri». Stando
così le cose, per la sua Legge l'israelita non può mai
soprassedere allo sterminio dei cristiani, né concedere loro
mai nessuna pace o lasciarli scampare.
Dice l'Ilcot acum
10, 1: «(Gli ebrei) non si rappacifichino mai con gli
idolatri in maniera da dare loro modo di adorare gli idoli,
poiché così è detto 154:
"Non ti accorderai con loro...". Ma, o li distolgano dal
loro culto o li uccidano. Fino a quando la tua forza sarà
prigioniera e il tuo decoro giacerà nelle mani degli
oppressori? O Dio, suscita la tua forza e il tuo zelo contro
i nostri nemici, la loro forza sia abbattuta e siano
confusi. Ogni speranza sia negata ai perduti, gli eretici
subito periscano, e tutti i nemici del tuo popolo siano
immediatamente annientati, e il regno della superbia sia
sradicato, infranto e distrutto; tutti siano soggiogati
presto quando saranno giunti i nostri giorni»
155.
Ma in questo tempo, invece, il
Principe di quel superbo impero così prega, e così comanda
nella liturgia del Venerdì Santo che preghino tutti i suoi
«perduti» ed «eretici» fedeli sparsi per tutto il mondo:
«Preghiamo anche per i perfidi giudei, affinché Dio, nostro
Signore, tolga il velo dai loro cuori ed essi conoscano Gesù
Cristo. O Dio sempiterno e onnipotente, che non respingi
dalla tua misericordia nemmeno la perfidia ebraica,
esaudisci le nostre preghiere che a Te eleviamo per la
cecità di questo popolo; fà che essi, conosciuta la luce
della tua verità, Gesù Cristo, siano strappati alle loro
tenebre. Per Cristo nostro Signore. Amen»
156.
CONCLUSIONE
Caro lettore, in queste pagine
ho sottoposto alla tua attenzione solo alcuni passi del
Talmud che si riferiscono ai cristiani. Nell'intento di
essere breve e volendo risparmiare la pietà della tua anima,
ho trascurato molte altre cose che, come quelle esposte,
potrebbero essere aggiunte a questo scritto, giacché penso
che pochi passi di questo testo basteranno per dimostrarti
quale considerazione attribuire alle continue affermazioni
degli ebrei, secondo cui il Talmud non conterrebbe
nulla che sappia di odio e di inimicizia verso i cristiani.
Non me ne volere, lettore cristiano, se durante la lettura
di questa modesta opera sei stato afflitto da troppa pena a
causa delle orribili bestemmie che da essa scaturiscono. Fin
dal principio non mi ero proposto di raccontarti cose
piacevoli, ma soltanto mostrarti i veri insegnamenti del
Talmud a proposito dei cristiani. Per ottenere il mio
scopo non ho trovato forma migliore di questa. Poiché la
verità non piace a tutti, non ignoro che molti saranno
adirati contro di me per aver reso questa testimonianza
della verità. E in tale convinzione mi confermano tanto le
leggi talmudiche che comandano di perseguitare i cosiddetti
«traditori», quanto le frequentissime esortazioni di coloro
che conoscono il modo d'agire degli ebrei contro chi abbia
intenzione di rivelare cose a loro sfavorevoli.
Tutti quelli
che venivano a conoscenza della pubblicazione di questo mio
studio mi predicevano ad una sola voce che gli ebrei mi
avrebbero ucciso. Desiderosi di distogliermi dalla mia
impresa, alcuni di essi mi consigliarono di ripensare alla
morte del Prof. Chiarini, morto improvvisamente dopo
aver iniziato la traduzione del Talmud in una lingua
europea. Altri mi richiamavano alla mente la fine del monaco
Didaco di Vilnius, un ebreo convertitosi al
cristianesimo e orribilmente trucidato dai giudei.
Altri
ancora mi ricordavano la triste fine di coloro che avevano
rivelato i segreti della religione d'Israele, e mi
avvertivano che il pericolo non sovrastava solamente me, ma
anche i miei familiari. Mille e mille volte mi sono sentito
ripetere questa frase: «Gli ebrei ti uccideranno».
Che tutti questi consigli non mi abbiano minimamente scosso
te lo prova, o caro lettore, questo articolo che stai
leggendo.
Reputavo cosa indegna starmene in silenzio per
conservare la mia vita in questa ardente battaglia
combattuta dalle due schiere dei filo-semiti e degli
anti-giudaici, ciascuna delle quali afferma che la verità
combatte dalla propria parte, quando io ben sapevo presso
quale dei due campi si trovasse. Qualunque cosa mi possa
accadere per quanto ho scritto la sopporterò volentieri,
essendo pronto a dare la mia stessa vita per render
testimonianza alla verità (Gv 18, 37).
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Sopra:
ecco un esempio contemporaneo dell'odio
anticristiano dettato dal Talmud che ancora
oggi regna in Israele. Durante lo show The
History Program of Toffee the Gorilla, mandato
in onda dalla televisione israeliana nel 2011 (*),
una ragazza in bikini parla con Toffee il
Gorilla (un pupazzo animato) della storia di Israele
dai tempi antichi ai nostri giorni e dice: «Oggi
parleremo della crocifissione di Gesù. Hai mai
sentito parlare di lui? Gesù era un nemico del
popolo ebraico. Egli tentò di convertirci al
cristianesimo. Anche se esistono dei buoni
cristiani, per l'ebreo questo è un
terribile pericolo, una minaccia alla pace del
popolo ebraico. Non sai cos'è l'assimilazione?
Essa significa essere mescolati (fucked up)con
i goym, una cosa che né tu né io ovviamente
desideriamo. Risponde Toffee: «Voglio che
i miei bambini possano mangiare il Toblerone e
diventino anche loro goym. Sono stufo di essere
Toffee»! [...]. Risponde la ragazza: «Va
bene, mio caro, se ami così tanto Gesù devi
interpretare Gesù. Sono Giuda Iscariota. Giacché tu
vuoi diventare un goi ti crocifiggerò! Come osi
predicare agli innocenti ebrei»? La ragazza
inchioda Toffee il Gorilla ad una croce. Mentre il
pupazzo ripete la frase di Cristo «Dio mio, Dio
mio perché mi hai abbandonato»?, dice la
ragazza: «Tu sei un nazista, Gesù,
tu sei un nazista»! Mentre il povero gorilla
strilla per il dolore, la ragazza ride e lo prende a
martellate nel muso. Se una qualsiasi rete
televisiva europea si fosse azzardata a mettere in
scena uno spettacolo del genere, ma la cui vittima
sfosse stato un personaggio ebraico, sarebbe
scoppiato il putiferio. I responsabili sarebbero
stati immediatamente destituiti e il direttore di
quella emittente avrebbe dovuto recarsi in
pellegrinaggio al più vicino museo dell'Olocausto
chiedendo mille volte scusa per l'oltraggio.
Naturalmente, nessun membro della Gerarchia
cattolica ha reclamato per questo spettacolo
blasfemo...
(*)
Il
video è disponibile alla pagina web
http://www.youtube.com/watch?v=9RY83mAr5uA |